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Giustizia: rischio prescrizione per la traduzione del dialetto che non c’è…

Giustizia: rischio prescrizione per la traduzione del dialetto che non c’è…

Il lettore prenda il “Corriere della Sera” di oggi, giovedì 27 giugno, vada a pagina 13, l’articolo di Riccardo Bruno, impaginato in fondo. Il titolo è già un programma: “Aosta, processo a rischio prescrizione. Quattro periti per tradurre dal dialetto”.

Mette curiosità, vero? Leggiamo il pezzo, dunque:
“E pensare che l’inchiesta era partita da un’intercettazione: ‘Metti via quelle paillettes dal frigo’. Gli allevatori parlavano in patois, il dialetto valdostano. Le “paillettes” erano fiale con il liquido seminale di toro svizzero. Vennero trovate nel freezer di un alpeggio dove le mucche dovevano essere rigorosamente della varietà locale. Inchiesta con arresti e decine di indagati: truffa ai danni della Regione, maltrattamento di animali, una fontina poco dop, latte dannoso alla salute, strana migrazione di bovini al confine. E centinaia di pagine di intercettazioni. In patois, appunto. Dialetto franco-provenzale così difficile da decifrare (soprattutto ascoltando le registrazioni telefoniche), che dopo cinque anni dal primo blitz dei NAS il processo è ancora a un punto morto. Due giorni fa i periti, incaricati di tradurre e trascrivere i dialogo tra gli allevatori, hanno chiesto al giudice una proroga. L’ennesima. E adesso c’è il rischio che la prescrizione sia più veloce dell’ultimo grado di giudizio. L’elenco delle date dà già un’idea dei grattacapi del GUP Giuseppe Colazingari. Nel dicembre 2012 parte l’udienza preliminare. Il mese dopo viene affidato l’incarico per le trascrizioni al perito Jeannette Bondaz: ha 90 giorni di tempo per finire il lavoro. A maggio l’esperta chiede 60 giorni di proroga. Gli vengono concessi, A ottobre la situazione non è migliorata: il giudice decide di nominare un secondo perito, Josianne Bovard, e fissa altri 50 giorni per ultimare il lavoro. Quando scadono, ne aggiunge ulteriori 30 giorni. Non bastano ancora. Lo scorso febbraio arrivano in soccorso altri due periti, Francesca Lucianaz e Sylvie Voyat. Il poker di traduttori ha a disposizione 4 mesi, 120 giorni per portare finalmente in aula le intercettazioni comprensibili in italiano. Il destino dei 59 imputati – allevatori, produttori e veterinari – è appeso all’esatta interpretazione di quelle frasi in dialetto. E’ una perizia cruciale. La nuova udienza era prevista per il prossimo 9 luglio. Ma i quattro hanno già alzato bandiera bianca e chiesto ancora un po’ di tempo. In un sistema processuale come quello italiano già lento e farraginoso, l’aggravante del dialetto può essere un colpo mortale al raggiungimento della giustizia. E’ un problema non da poco per il giudice. Anzi per il “dzeudzo”, come si dice a Courmayeur, o il “djeudjo” come si usa a Brusson, o il “Juje” utilizzato a Monjovet. Perché il patois non è uno solo, e cambia al cambiare delle vallate”.

Fin qui, la cronaca. E si dirà che è un caso limite. Non c’è dubbio. E non ci sono recriminazioni particolari da muovere, accuse di una possibile ignavia da parte dei magistrati o che altro. Però, vista con gli occhi del cittadino: ma che giustizia è mai questa che non riesce a cavare un ragno da un buco in ben cinque anni, e ci sono una sessantina di imputati che non sanno se e come sono colpevoli, e di cosa esattamente; e che da gennaio 2012 a luglio 2013, fatte salve tutte le difficoltà che può comportare un dialetto difficile e complicato come il patois, quattro traduttori ancora non siano riusciti a “decodificare” il contenuto di intercettazioni telefoniche. E per fortuna che gli imputati non parlavano in dialetto navajo…

Ad ogni modo – peccato che l’articolo non ce ne informi – quanto è costato finora, al contribuente tutto questo ambaradan? E’ piccola cosa, d’accordo, che si consuma in una procura “periferica” all’apparenza, in una realtà e in un contesto sonnolento e pacioso (ma non ci giureremmo troppo: di solito le realtà più “silenziose” sono anche quelle che meriterebbero più attenzione). Ma sono questi “piccoli” episodi a comporre il più generale quadro di sfacelo e, si sarebbe tentati di dire, irredimibilità della giustizia italiana. E di questo caso paradossale comunque, si parla e si è venuti a conoscenza; ed è da credere – o almeno sperare – che qualcuno ne provi vergogna e ne trovi un possibile rimedio. Ma quanti casi come quello di Aosta si consumano ogni giorno, tra la generale indifferenza e in compiacimento di più d’uno?
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Kayah Li

Kayah Li   Kayah Li

Kayah or Kayah Li is a member of Karen branch of the Sino-Tibetan language family. It is spoken by about 590,000 people in the Kayah and Karen states of Burma (Myanmar). The language and people who speak it are also known as Western Kayah, Karenni, Karennyi, Red Karen, Yang Daeng or Karieng Daeng.
The Kayah Li alphabet was devised by Htae Bu Phae in March 1962. It is taught in schools in refugee camps in Thailand. It appears to be modelled, to some extent, on scripts such as Thai and Burmese.

Notable features

  • Type of writing system: alphabet
  • Direction of writing: left to right in horizontal lines
  • Consonants Other vowels are written with separate letters or with diacritics attached to the letter a.
  • Tones are indicated by diacritics below the consonants.
  • Used to write: Kayah or Kayah Li, a Karen language spoken in Burma by about 590,000 people.

Kayah Li alphabet
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ARISA NEI PANNI DELLA DOPPIATRICE PER CATTIVISSIMO ME 2

ARISA NEI PANNI DELLA DOPPIATRICE PER CATTIVISSIMO ME 2

Arisa darà la voce al personaggio di Lucy Wilde in “Cattivissimo me 2”, il film che arriverà nelle sale statunitensi il 3 luglio e in quelle italiane il 17 ottobre. Nel cast dei doppiatori italiani ci sono anche Max Giusti e Neri Marcorè. Inoltre Arisa si metterà a disposizione per una lezione personale di canto che regalerà il 30 giugno a Milano al vincitore dell’asta benefica “Charitystars”, il cui ricavato andrà a Medici senza frontiere. L'associazione fornisce alle popolazioni in difficoltà assistenza medica d'emergenza salvavita e sta portando avanti il “Progetto Masisi - La sfida contro il morbillo in Congo”. La cantante sarà anche tra i protagonisti del Festival Giorgio Gaber 2013.
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Dalecarlian Runes

Dalecarlian Runes    Dalecarlian runes

Dalecarlian runes were a runic alphabet used in the Swedish province of Dalarna/Dalecarlia until the early 20th century, mainly to write the Elfdalian language. They developed from Younger Futhork during the 16th century and other time became increasingly mixed with letters from the Latin alphabet. This alphabet is also known as Elfdalian runes or dalrunes.
This alphabet was mainly inscribed into wood and stone on furniture, buildings, bowls, measuring sticks, etc. to write the names of the owners and/or makings. The earliest known inscription in Daelcarlian runes, for example, appears on a bowl from Åsen, a village in Älvdalen parish, and says "Anders has made (this) bowl anno 1596".

Notable features

  • Type of writing system: alphabet
  • Direction of writing: left to right in horizontal lines
  • Used to write: mainly Elfdalian

Dalecarlian runes

Dalecarlian runes

Notes


  • The names of the letters come from Runakänslanäs läräspan (The first knowledge of runic learning) a copperplate engraving by Johannes Bureus dating from 1599.
  • The shapes of the letters changed over time, so most letters have several different shapes. 
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Inchiesta bestiame: patois lingua difficile da tradurre e l'incubo della prescrizione

Inchiesta bestiame: patois lingua difficile da tradurre e l'incubo della prescrizione


Chiesta ancora una proroga per le traduzioni e trascrizioni delle intercettazioni dal patois all'italiano


AOSTA. E' dai tempi della ricerca spasmodica del significato dei geroglifici egiziani che non si vedevano dei luminari delle traduzioni in cosi grande difficoltà. E' infatti da gennaio 2012 che l'intelligenza dei periti valdostani incaricati di tradurre nella lingua italiana le intercettazioni telefoniche in patois degli indagati dell'inchiesta sul bestiame contaminato e le Fontine adulterate è messa sotto pressione.
Ci si aspettava che dopo le varie nomine di periti, ben quattro a tutt'oggi, e dopo circa 18 mesi di lavoro la matassa sarebbe stata sbrogliata. Invece qualcosa non va. A quanto pare questi luminari non hanno trovato la Stele di Rosetta valdostana che avrebbe permesso una rapida traduzione di queste numerose conversazioni in una lingua a quanto pare troppo misteriosa e complessa.
L'ultimo rinvio il GUP di Aosta lo ha concesso lo scorso 7 Febbraio con una proroga di 120 giorni. Ci si aspettava che il 9 luglio queste traduzioni fossero consegnate. E' invece di oggi la notizia che i quattro periti hanno chiesto una nuova proroga.
Ora ci si chiede se la concessione di queste proroghe fermino i termini della prescrizione. In caso contrario, il timore è che nel cercare il traduttore universale i quattro periti stiano, "involontariamente", spingendo questa inchiesta verso la prescrizione. Anche perché le indagini sono iniziate nei primi mesi del 2008.

Certo che se al nostro Silvio Berlusconi fosse venuto in mente di dialogare con le sue ospiti in patois nelle famose serate mondane, il Tribunale di Milano sarebbe ancora lontanissimo dall'emettere una sentenza. 
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Oirat Clear Script

Oirat Clear Script (Todo Bichig)

Kalmyk (Хальмг келн)

Kalmyk is a member of the Kalmyk-Oirat subgroup of Mongolic languages. It is spoken by about 500,000 people in Kalmykia in the Russian Federation between the Volga and Don rivers, and in Western China and in Western Mongolia.
Kalmyk was first written with the Uyghur script in the 11th century. Then in 1648 a Kalmyk Buddhist monk called Zaya Pandita Oktorguin Dalai created the Kalmyk alphabet or Todo Bichig (Clear Script) by adapting the Classical Mongolian script. The Clear script is still used by Kalmyks in China, but Kalmyks in Russia adopted the Cyrillic alphabet, as shown below, in 1924.

Kalmyk-Oirat Clear Script (Todo Bichig)

The Kalmyk-Oirat Clear Script is written in vertical columns running from top to bottom and left to right. Each letter has a different shape depending where it appears in a word, and special letters are used for combinations of some letters.

Oirat Clear Script


Kalmyk alphabet and pronunciation

Kalmyk alphabet and pronunciation

Notes

  • в = [v] in Russian names and loanwords
  • At the beginning of words, e = [jɛ], ë = [jɔ]
  • Letters in blue are only used in Russian names and loanwords
Information about Kalmyk pronunciation compiled by Wolfram Siegel.

Sample text in Kalmyk (Oirat Clear Script)

Sample text in the Kalmyk Clear Script

Sample text in Kalmyk (Cyrillic)

Мана Теңгрин эцк! Нернтн әрүн болтха! Тана йосн иртхә! Тенгрт бутсн таалтн һазр деер бүттхә! Эркн кергтә өдмг Эндр өдрт илгәһит! Яһҗ бидн күүнә килнц тәвнәвидн, Тиигҗ Та килнцмдн тәвүлит! Сөрдг юмнла бичә харһулыт! Эрлгәс гетлгит!

Transliteration

Mana Teñgrin eck! Nerntn ärün boltxa! Tana josh irtxä! Tengrt butsn taaltn hazr deer büttxä! Erkn kergtä ödmg Endr ödrt ilgähit Jahǧ bidn küünä kilnc täwnüwidn, Tiigǧ Ta kilncmdn täwülit! Södg jumnla biča xarhulyt! Erlgäs getlgit!

Translation


Our Father, who art in heaven, hallowed be thy name; thy kingdom come, thy will be done, on earth as it is in heaven. Give us this day our daily bread, and forgive us our trespasses, as we forgive those who trespass against us; and lead us not into temptation, but deliver us from evil. Amen. 
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Le traduzioni più brutte dei titoli dei film: trent’anni da dimenticare

Le traduzioni più brutte dei titoli dei film: trent’anni da dimenticare

Tutto ebbe inizio nei lontani anni ’80 quando una serie di traduttori spinti da alcuni produttori in preda ad una sorta di follia mistico-commerciale ebbero la malaugurata idea di rendere più appetibili le pellicole internazionali che approdavano nelle nostre sale modificandone di sana pianta i titoli che come tutti ben sanno sono l’anima e la summa del pensiero e del contenuto del film stesso, ma a loro la cosa parve non essere vitale


Si cominciò col massacrare gli horror, dopo che il successo di cassetta Evil Dead di Sam Raimi era diventato La casa, qualsiasi film che seguì divenne una sorta di brochure immobiliare, La casa 2,3, fino al thrillerThe horror show diventato La casa 7, ma non dimentichiamo The Texas chainsaw massacre di Tobe Hooper divenuto Non aprite quella porta che scatenò la fantasia dei produttori sfornando una sequela di risibili e minacciosi avvertimenti come Non entrate in quella scuola (Prom Night), Non aprite quell’armadio (Monster in the closet), ormai si sfiorava veramente il ridicolo.
In questi ultimi anni sembra che questa mania di trasformare i titoli snaturandone il significato colpisca più che altro le commedie, ricordiamo The runaway bride diventato Se scappi…ti sposo, The break-up con Jennifer Aniston trasformato nel delirante ti odio, ti lascio ti…, ma l’esempio più eclatante è  la bellissima e surreale commedia con Jim Carrey e Kate Winslet Eternal sunshine of the spotless mind, questo poetico titolo è diventato l’orrido Se mi lasci ti cancello.


Ad oggi sono centinaia i titoli di film vittime di queste storture, questione commerciale o semplice poca fantasia da parte degli addetti ai lavori?, comunque spezziamo una lancia a favore della tendenza degli ultimi anni di lasciare i  titoli originali, magari accompagnati da un sottotitolo italiano esplicativo, che ci salva non poco da questa pessima abitudine tutta italiana.
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Caucasian Albanian

Caucasian Albanian Caucasian Albanian (Ałuanic girn e)

The Caucasian Albanian alphabet, which is also known as the Old Udi script, was used by the Caucasian Albanians, speakers of a northeast Caucasian language who lived in parts of what is now Azerbaijan and Daghestan. The alphabet was mentioned in some early sources, and was rediscovered in 1937 by Professor Ilia Abuladze in an Armenian language manuscript dating from the 15th century. The manuscript contained details of alphabets such as Armenian, Greek, Latin, Georgian, Coptic and Caucasian Albanian, which was referred to as "Ałuanic girn e", which means "Aghuanic alphabet/writing" in Armenian. Professor Abuladze believed the alphabet was based on the Georgian alphabet.
Further examples of the Caucasian alphabet were found in the 1940s and 1950s in the form of short inscriptions on a stone altar post, and on candlesticks, tiles and vessels. In 2003 a longer text on a palimpsest was found in St. Catherine's Monastery on Mount Sinai in Egypt.
Georgian scholars believe that King Pharnavaz I (ფარნავაზი) of Kartli (Iberia) created the Caucasian Albanian alphabet, probably in the late 4th or early 5th century AD, however Armenian scholars believe that Mesrop Mashtots' (Մեսրոպ Մաշտոց), an Armenian missionary, did so.
Udi, a northeast Caucasian language spoken in parts of Azerbaijan, Georgia and Armenia, is thought to be a descendant of the Caucasian Albanian language.
The name "Albania" is Latin for "mountaneous land" and the Caucasian Albanians were not related to the Albanians of Albania, nor were their languages related.

Caucasian Albanian alphabet


The Caucasian Albanian alphabet
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Doppiatori maremmani: Fabio Mattei debutta nel film “R.I.P.D.”

Doppiatori maremmani: Fabio Mattei debutta nel film “R.I.P.D.”

GROSSETO – Questa volta è toccato a Fabio Mattei (a destra nella foto), l’ultima voce, in ordine cronologico, uscita dallo Studio Enterprise per approdare al mondo del doppiaggio professionale. Un altro allievo della scuola diretta da Alessandro Serafini (a sinistra nella foto), compie un passo e un debutto importante, andando ad arricchire la nutrita pattuglia di coloro che, partendo da Grosseto, si sono ritagliati uno spazio nel panorama nazionale. Tra questi spiccano i nomi di Francesca Cesareo, Antonella Margherito, Teresa Oliveto, Diego Andrea Giuliani, Simone Pescicelli, Esther Giuggioli, oltre ovviamente alle giovanissime Giulia Meola e Chiara Lippi, tutti allievi dello Studio Enterprise che hanno debuttato a carattere nazionale.
In questo caso il doppiaggio del film di circuito della Uip, è stato effettuato presso la Dubbing Brothers di Roma, sotto la direzione di Fabrizio Pucci. “R.I.P.D. – Rest in Peace Departement – Poliziotti dall’aldilà” è un lungometraggio diretto da Robert Schwentke con protagonisti Jeff Bridge e Ryan Reynolds. La pellicola è tratta dall’omonimo fumetto ideato da Peter M. Lenkov e pubblicato dalla Dark Horse Comics. Il direttore del doppiaggio Fabrizio Pucci si è dichiarato molto soddisfatto della performance di Fabio Mattei, artigiano di 57 anni nella vita di tutti i giorni che si è dimostrato subito all’altezza della situazione, in virtù delle brillanti doti artistiche e dell’ottima preparazione professionale ricevuta presso lo Studio Enterprise.
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Maturita': traduttore Gatsby "sfida ardua, testo mille sfumature"

Maturita': traduttore Gatsby "sfida ardua, testo mille sfumature"
Per quanto sia un libro 'di moda' tra i giovani grazie al film che ne ha tratto Baz Luhrmann, la sfida rappresentata dal 'Grande Gatsby' per gli studenti dei licei linguistici chiamati a tradurlo e' stata ardua. Ne e' convinto Tommaso Pincio, scrittore e traduttore per Minimum Fax dell'opera di Scott Fitzgerald. "Il 'Grande Gatsby si porta dietro moltissimi riferimenti che oggi si sono perduti" dice all'Agi, "e' un testo che rappresenta una sfida anche per gli americani di oggi. Una lingua molto rotonda, molto precisa, molto carica di elementi di ogni tipo: colori, suoni che tornano nelle forme piu' varie. E' obiettivamente difficile da tradurre perche' le parole non sono mai messe a caso e non dicono mai solo quello che sembrano dire". Nonostante Fitzgerald rappresenti "una sfida per un traduttore con anni di esperienza alle spalle", il Grande Gatsby secondo Pincio "ha ancora molto da dire a un ragazzo di oggi perche' viviamo in un'epoca in cui si vivono le stesse contraddizioni e le stesse tematiche. Anche la distanza tra chi racconta e chi vive la vicenda e' una cosa della quale bisogna tenere conto. I giovani di oggi sono abituati al concetto di distanza incarnata dalla scrittura del Grande Gatsby. E lo stesso vale per l'importanza che viene data al denaro, come impossibilta' di realizzarsi n termini affettivi. Cose che magari nell'Italia degli anni '20 non erano sentite, ma che oggi sono quanto mai attuali". Il Grande Gatsby, ricorda Pincio, ebbe una storia molto particolare. La stessa celebre traduzione di Fernanda Pivano non fu la prima: quasi in contemporanea all'edizione americana usci' quella in italiano con il titolo di 'Gatsby il Magnifico'. "Pero' negli anni dell'uscita non fu un grandissimo successo: Fitzgerald ci contava moltissimo ed era convinto di aver scritto un libro importante, ma rimase deluso dalle vendite e quando mori' il libro era fuori catalogo". Il successo del libro venne negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, quando era stato letto da decine di migliaia di soldati ai quali era stato dato 'in dotazione' dall'esercito. "La conseguenza fu che divenne un libro molto popolare nel ventennio dopo l'uscita e i grandi fan furono persone di quella generazione, tra cui J.D Salinger e Shultz, il 'padre' dei Peanuts".
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Lavoro intellettuale in Italia: la sfortuna di nascere traduttore

Lavoro intellettuale in Italia: la sfortuna di nascere traduttore

Scrittori fantasma: si pensa subito a chi scrive al posto di chi firma. Un esempio sempre attuale è quello di chi fa le tesi per studenti svogliati. Uno diceva fiero, proponendosi, ho già preso sei volte il massimo dei voti! In genere sono pagati abbastanza bene, e comunque il compenso è oggetto di una libera trattativa.
Altri scrittori fantasma sono quelli che scrivono i discorsi dei politici. Come il Nanni Moretti de Il portaborse, film che fece molto adirare i politici. I suoi servigi erano ben retribuiti: una spider in dono, l’aiutino per il trasferimento della fidanzata dalla sede disagiata: insomma, soldi e fringe benefits.
Poi ci sono i traduttori, “liberi professionisti” che prestano i loro servigi per le case editrici che acquistano libri di autori stranieri: talvolta si tratta di ottimi scrittori: famose le traduzioni di Pavese, di Natalia Ginzburg. Oggi penso a Pino Cacucci.
Talvolta neppure compariva il loro nome, e la loro opera era ed è retribuita un tanto a cartella, un po’ di più per quelli molto bravi, poco o pochissimo per gli altri. Eppure il loro ruolo è fondamentale: devono entrare nella pelle di un autore, lottare contro le barriere linguistiche e le peculiarità di una lingua, rendere non solo fedelmente il contenuto, ma anche il ritmo, i tic, le accelerazioni e le curve di un linguaggio, in una parole lo stile. E lo stile, dice Flaubert, è  tutto. Questo è molto più difficile che sapere una lingua, è un lavoro affine a quello del direttore d’orchestra. Il traduttore se ne sta lì nascosto dietro una siepe di parole altrui, da cui si affaccia raramente, con una minuscola bandierina su cui è scritto n.d.t., nota del traduttore, quasi sempre per spiegarsi, per giustificare una qualche impossibilità a rendere un gioco di parole, un oscuro proverbio croato, un concetto che da noi non c’è.
Occorre una miscela di dedizione, pignoleria, funambolismo e grande cultura: una traduttrice tra le più quotate, Ilide Carmignani, premio Cervantes per le traduzioni dallo spagnolo, insisteva a dirmi che lei non è una scrittrice, avendo tradotto settanta libri degli autori più diversi.
Come se Pollini pretendesse di non avere nulla a che fare con quelle esecuzioni dei notturni di Chopin. Sarà per questo che gli editori, impegnati a far quadrare i conti, pagano a cottimo questi scrittori e non riconoscono loro una percentuale sui diritti d’autore. E magati affidano le traduzioni a studenti  madrelingua  inesperti, come bastasse essere inglese per tradurre autori complessi.
In Italia, ottenuto il riconoscimento a una paternità o maternità adottiva del libro, non si ha però diritto a una percentuale, anche minima dei diritti d’autore, quel gratta e vinci che fa sperare in un bestseller. Non così all’estero: il traduttore inglese de Il nome della rosa, si rallegrava  del successo del libro nella sua villa in Costa Azzurra, acquistata grazie ai diritti.
Specialmente se  l’autore conosce la lingua in cui è tradotto, si crea con chi traduce una rapporto pieno di sfumature, e anche di ambivalenze, mai banale. Ci sono dinamiche relazionali da leggere con categorie psicologiche e psicoanalitiche, ma questo è un discorso che merita spazi di riflessione adeguati. L’autore che si fida del traduttore ha con lui o lei un rapporto di amicizia, di complicità e di non confessata dipendenza: Sepulveda non concepirebbe che a tradurlo fosse altri che Ilide Carmignani. Non conosco il tedesco, ma il rapporto lavorativo con Susanne van Volzmen ,la traduttrice di Viaggiare e non partire è stato comunque molto intenso, perché mi chiedeva conto di mille cose che davo per scontate, mostrandomi la cura che metteva nel suo lavoro. Alla fine ho voluto conoscerla e sono andato a Francoforte per invitarla a pranzo e mostrarle simbolicamente il mio apprezzamento.
La voce italiana di PennacYasmina Melaouah, viene pagata in parte di tasca sua da Pennac, scandalizzato dal fatto che non riceva una percentuale per quanto piccola dei diritti d’autore. Che  io sappia è un’eccezione, e qualcuno potrebbe obiettare che è giusto cercare di cambiare le cose per  tutti.
Parliamo dei diritti negati di poche persone. Ma questo rientra nel quadro più ampio della svalutazione del lavoro intellettuale : insegnanti, attori di teatro e tanti altri.
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Glagolitic alphabet

Glagolitic alphabet

Origin

The Glagolitic alphabet was invented during the 9th century by the missionaries St Cyril (827-869 AD) and St Methodius (826-885 AD) in order to translate the Bible and other religious works into the language of the Great Moravia region. They probably modelled Glagolitic on a cursive form of the Greek alphabet, and based their translations on a Slavic dialect of the Thessalonika area, which formed the basis of the literary standard known as Old Church Slavonic.
Old Church Slavonic was used as the liturgical language of the Russian Orthodox church between the 9th and 12th centuries. A more modern form of the language, known as Church Slavonic, appeared during the 14th century and is still used in the Russian Orthodox church.

Glagolitic alphabet

Glagolitic alphabet

Cursive version of the Glagolitic alphabet


Cursive version of the Glagolitic alphabet
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La traduzione simultanea? La fa il software

La traduzione simultanea? La fa il software


«I risultati non sono perfetti. Ci sono ancora un po’ di errori. Ma questa tecnologia è davvero promettente». Quando Rick Rashid, direttore della divisione ricerca di Microsoft, ha pronunciato queste parole a un evento in Cina, la sala si è subito sciolta in potente applauso.

In realtà l’ovazione non era tanto per lui, quanto per la voce robotica che aveva tradotto all’istante le sue parole in perfetto mandarino, mimando anche le inflessioni della sua voce. Quello che Rashid stava mostrando era, infatti, il primo prototipo di un traduttore automatico che funziona in tempo reale.

Qualcosa del genere si era vista solo in Star Trek, ma ora è diventato realtà grazie agli avanzamenti tecnologici in tre diversi ambiti:
1. il riconoscimento vocale (attraverso software che emulano i circuiti neuronali per trascrivere meglio i suoni);

2. la traduzione automatica (che è di molto migliorata da quanto esistono database basati su corpora dinamici);

3. la sintesi vocale (dopo aver ascoltato il parlante per 20 minuti, il sistema riesce a riprodurne il tono).

Come ha sottolineato Rashid, il sistema non è affatto perfetto: bisogna infatti ancora parlare lentamente, evitando frasi troppo lunghe e senza troppi rumori di fondo. L’esatto contrario di quanto avviene nella realtà, come sanno bene i clienti dell’operatore giapponese NTT DoCoMo che è stato il primo a introdurre un traduttore telefonico automatico verso l’inglese e il coreano. Chi l’ha provato dice che per ora riesce a tradurre bene solo poche frasi cortesi. Ma funziona molto meglio del sistema automatico di sottotitolazione di YouTube che potete attivare per verificare (e farvi due risate a notare gli strafalcioni che fa nel riconoscimento delle parole).
Insomma, la strada è ancora lunga, ma non è più solo roba da film di fantascienza.
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Tai Dam alphabet

Tai Dam alphabet   Tai Dam alphabet

Origin

The origins of the Tai Dam alphabet are unknown, though the shapes of the letters suggest that they might have been modelled on the Lao and/or Thai alphabets. Alternative writing systems, including some based on the Latin alphabet, are also used to write Tai Dam.

Notable features

  • Type of writing system: alphabet
  • Direction of writing: left to write in horizontal lines
  • Each consonant letter has a high and low form, which combined with the presence or absence of the two tones marks, is used to indicate the six tones of the Tai Dam language.
  • The high consonants are also used for the syllable final letters: -w, -y, -m, -n and -ng. The syllable final -k is written with the low letter k.
  • Vowels are indicated using diacritics which appear above, below or to the left and/or right of the consonant letters.
  • There is no standard order for the consonants, instead each scribe uses his own order.

Used to write:

Tai Dam, or Black Tai/Tai Noir, a Tai-Kadai language closely related to Lao and Thai which is spoken by around half a million people in north-western Vietnam and northern Laos. There are also Tai Dam speakers in Yunnan province of China, and in parts of northeastern and central Thailand, where they are known as Lao Song or Lao Song Dam.

Tai Dam alphabet

Tai Dam consonants

Additional symbols

These ideographic symbols are customarily addded after consonants
Tai Dam additional symbols

Vowel diacritics

Tai Dam vowel diacritics

Tone indication

(no mark) Tai Dam tone marker               Tai Dam tone marker
low consonants           tone 1            tone 2 tone 3
high consonants tone 4 tone 5 tone 6

Tai Dam sample text


Tai Dam sample text
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La Chiesa onora il dottor Yamaura, traduttore delle “Bibbie della speranza”

La Chiesa onora il dottor Yamaura, traduttore delle “Bibbie della speranza”

Il nunzio apostolico mons. Chennoth gli ha conferito l’onorificenza pontificia “Pro Ecclesia et Pontifice”, medaglia che viene concessa ai laici e agli ecclesiastici che si sono distinti per il loro servizio verso la Chiesa. Nel corso degli anni il medico si è impegnato per tradurre il Vangelo nel dialetto kesen e ha presentato la fede cattolica per rispondere al dramma di Fukushima.

Tokyo (AsiaNews) - La Chiesa cattolica ha deciso di onorare il dottor Leo Harutsugu Yamaura, medico che per tutta la vita ha lavorato per i poveri e che ha tradotto la Bibbia in kesen, dialetto della prefettura di Iwate. Il nunzio apostolico in Giappone gli ha infatti conferito l'onorificenza pontificia "Pro Ecclesia et Pontifice", che viene concessa ai laici e agli ecclesiastici che si sono distinti per il loro servizio verso la Chiesa.

La cerimonia si è svolta presso la Nunziatura apostolica di Tokyo alla presenza di tutti i vescovi giapponesi (impegnati in questi giorni nei lavori dell'Assemblea plenaria ordinaria) e dei presidenti e vice-presidenti dei Superiori Maggiori. Il medico ha ringraziato il nunzio, il siro-malabarese Mar Joseph Chennoth, per l'onore concesso.

Il dottor Yamaura ha lavorato una vita intera per trasmettere e far penetrare in profondità nei cuori della gente il Vangelo di Cristo. Per raggiungere lo scopo ha deciso di tradurre la Bibbia nella sua lingua locale, il kesen. Nell'aprile del 2004, insieme all'allora vescovo di Sendai mons. Francesco Osamu Mizobe, il medico si è recato in Vaticano e ha offerto questi Vangeli a Giovanni Paolo II.

Negli ultimi anni la sua opera ha avuto un'enorme eco collegata - suo malgrado - al terribile tsunami che ha devastato le coste giapponesi l'11 marzo del 2011. Il medico aveva appena concluso le bozze per la stampa di  "Gesù di Galilea・ Traduzione giapponese dei Quattro Vangeli, Nuovo Testamento" quando la sua clinica venne allagata dall'onda anomala provocata dal terremoto subacqueo.

Senza luce, gas ed acqua, per diversi giorni il dottor Yamaura - senza dormire né riposare -  ha cercato con tutto se stesso di rispondere ai bisogni dei tanti pazienti del posto che venivano ogni giorno per chiedere cure e medicine. Ma nella tragedia il suo lavoro si è salvato, e le "Bibbie dello tsunami" sono divenute un segno di speranza per tutti i giapponesi.


Dopo l'esperienza del grande terremoto gli sono arrivate da tutto il Paese delle richieste di conferenze, e rispondendo a queste richieste il medico ha scelto come uno dei titoli dei suoi discorsi "Dio, tu sei il Sommo Bene. Noi non piagnucoliamo. Va bene così. Accettiamo questa catastrofe". Nel corso di questi incontri spiega il suo credo dicendo che "il modo di vivere di un credente dovrebbe essere in grado di superare la tragedia con la fede". I suoi discorsi commuovono tante vittime della catastrofe e persone, che - cristiani o no - si domandano il significato della sofferenza di questo terremoto.
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Elbasan alphabet

Elbasan    Elbasan

The Elbasan alphabet was invented around the middle of the 18th century and named after the city of Elbasan in central Albania. It was used mainly in a document called the Elbasan Gospel Manuscript, or Anonimi i Elbasanit (The Anonymous of Elbasan) in Albanian, which was created at St Jovan Vladimir's Church, published in 1761, and can now be found in the National Archives of Albania in Tiranë.

Notable features

  • Type of writing system: alphabet
  • Direction of writing: left to right
  • Used to write: Albanian
  • Consists of 40 letters: 35 common ones, and 5 there are used on rarely
  • Each letter represents one phoneme

Elbasan alphabet


Elbasan script
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PREMI: EDITORI RIUNITI VINCE TRADUZIONE 2012

PREMI: EDITORI RIUNITI VINCE TRADUZIONE 2012

18/06/2013
PER LA COLLANA ASCE; RICONOSCIMENTO MINISTERO BENI CULTURALI
(ANSA) - TRIESTE, 18 GIU - Editori Internazionali Riuniti ha vinto il primo Premio nazionale per la traduzione 2012 istituito dal Ministero per i beni e le Attività Culturali, per la Asce, nella quale sono pubblicati testi inediti e dimenticati della grande letteratura internazionale. Il premio è motivato per l’innovazione e l’originalità del lavoro di traduzione e del progetto editoriale. La premiazione si terrà domani mattina nella Sala della Crociera, a Roma.
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How a Bicycle is Made

How a Bicycle is Made



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Il croato arriva prima della Croazia nell’Ue, già attive le traduzioni per il futuro Stato membro

Il croato arriva prima della Croazia nell’Ue, già attive le traduzioni per il futuro Stato membro


In Europa il croato arriva prima della Croazia. Il Paese in questione diventerà il ventottesimo Stato dell’Unione europea a partire dall’1 luglio, e allora l’Ue si prepara: con l’ingresso di un nuovo Stato si arricchisce anche l’elenco delle lingue ufficiali, ed Ebs – il canale visivo satellitare della Commissione europea – inizia già a “ragionare” in croato. Sono disponibili infatti già da oggi le traduzioni nella nuova lingua, come dimostra l’annuncio pubblicato dalla stessa emittente e che potete vedere nella foto in allegato.
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Lo speakeraggio, una volta conosciuto come doppiaggio

Lo speakeraggio, una volta conosciuto come doppiaggio

Ci sono modi e modi di valorizzare la propria voce…uno di questi è quello di narrare attraverso l’uso delle parole dei testi, precedentemente redatti, che consentano di capire o di raccontare un video.
Una volta questa cosa si chiamava doppiaggio con “il narratore”, oggi invece questa cosa ha preso il nome di speakeraggio, sia che sia speakeraggio in inglese o speakeraggio in italiano.
Per eseguire un lavoro di speakeraggio ben fatto, non basta avere una buona pronuncia e dizione, ma bisogna anche avere un’intonazione della voce adatta al tipo di video o di immagini che si stanno affrontando: più documentaristico, più formale, più divertente, più radiofonico etc.
Inoltre è importantissimo far coincidere i testi con le immagini sottostanti, e spesso non è semplice perchè la metrica delle parole spesso non coincide con la durata delle scene del video, e quindi è importante avere grandi proprietà di controllo della voce, oltre alla possibilità di aggiustare un pochino anche qualche testo.
Vista la difficoltà è un lavoro sicuramente ben pagato, specie se lo speakeraggio viene eseguito su lingue differenti dall’italiano. Occorre infatti essere madrelingua per avere una pronuncia perfetta oltre a una voce decisamente piacevole, due combinazioni sicuramente non facili da trovare.

Prova quindi a registrare la tua voce e a sentire se funziona o meno, potresti capire di avere delle doti e un lavoro in mano fino a questo momento a te sconosciuto!…
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LE DIFFERENZE CARATTERIALI E PROFESSIONALI TRA UN TRADUTTORE E UN INTERPRETE

LE DIFFERENZE CARATTERIALI E PROFESSIONALI TRA UN TRADUTTORE E UN INTERPRETE

Le persone non "addette ai lavori" spesso confondono le figure professionali dell'interprete e del traduttore  o le considerano praticamente equivalenti solo perché entrambe operano in ambito linguistico, ma è davvero così?Quali sono le differenze caratteriali e professionali tra un traduttore e un interprete?
Anche se è vero che sia il traduttore sia l'interprete svolgono attività simili in quanto devono entrambi comprendere perfettamente una lingua ed essere in grado di trasmetterne correttamente il significato, l'interprete, dovendo tradurre espressioni orali, non traduce parola per parola, anche se deve trasporre nel modo più fedele possibile un messaggio da una lingua a un'altra. L'interprete lavora su messaggi fugaci che deve trasmettere oralmente nel momento in cui, o immediatamente dopo, lo stesso messaggio viene emesso in lingua originale, disponendo quindi di ben poco tempo per soffermarsi sullo stile. Il campo d'azione del traduttore è invece la lingua scritta, avendo quindi di più tempo a disposizione per ricercare lo stile adatto al tipo di testo che sta traducendo. L'interprete inoltre opera a contatto sia con chi produce il messaggio sia con il destinatario di esso, e il frutto del suo lavoro, a meno che non venga registrato, si perde per sempre, mentre le traduzioni scritte posso essere fruite anche a distanza di tempo. Sussistono fondamentalmente due tipi d'interpretariato: quello simultaneo e quello consecutivo, e quella dell'interprete simultaneo è sicuramente l'attività più usurante dato che l'interprete deve tradurre le parole dette dall'oratore praticamente nello stesso momento in cui vengono pronunciate. Dal momento che si trova a stretto contatto con oratore e interlocutore, l'interprete deve possedere buone doti di cortesia, oltre a ottima memoria e a un "orecchio" allenato a comprendere anche i vari accenti riconducibili alla provenienza geografica degli oratori. Il tipo di vita che conducono interprete e traduttore è diametralmente opposto: l'interprete solitamente viaggia molto, lavora continuamente sotto pressione, dev'essere preciso, rapido, capace di adeguarsi lì per lì agli argomenti più disparati, mentre il traduttore nella maggior parte di casi lavora da solo a casa, tuttavia spesso opera anch'egli sotto pressione, dato che le tempistiche di consegna che gli vengono richieste raramente sono "comode", e ciò nonostante deve comunque approfondire il significato di ciascun termine di cui non sia perfettamente certo, spesso mediante lunghe ricerche e confronti tra dizionari. La formazione dell'interprete e del traduttore, oltre ad un'eccellente conoscenza delle lingue e delle competenze di base in materia di traduzione e a nozioni fondamentali di cultura generale,  include nel caso dell'interprete tecniche specifiche che gli consentiranno di lavorare in cabina e di prendere rapidamente appunti con un sistema personale di simboli e abbreviazioni, mentre nel caso del traduttore comprende anche le necessarie conoscenze degli appropriati strumenti informatici.

Il modo in cui si svolgono le professioni dell'interprete e del traduttore è così diverso che talvolta può comportare, anche se non sempre, alcune differenze caratteriali corrispondenti. Normalmente un interprete sarà una persona dinamica, che ama viaggiare, adora l'adrenalina che dà lo stress e possiede forti doti comunicative, ma non è detto che non lo sia caratterialmente anche un traduttore, che magari sceglie la sua professione per tutta una serie di motivi, di salute, familiari, ecc.. Sia l'interprete sia il traduttore, infine, sono figure professionali di grande responsabilità, in quanto incaricate di trasmettere il più fedelmente possibile il significato inteso dall'autore delle espressioni oggetto della loro traduzione. L'unico professionista che è autorizzato a essere "di parte" è l'interprete di trattativa, che è anzi deontologicamente tenuto a "tirare l'acqua" al mulino del suo committente, tanto che spesso è proprio la sua competenza a determinare l'esito positivo della trattativa stessa, e a tal proposito sono richieste doti particolari di diplomazia e fermezza che costituiscono la differenza caratteriale fondamentale tra il traduttore e l'interprete.
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Processo a Genova su 'La Svolta': nuova proroga al 19 settembre per le traduzioni dal calabrese

Processo a Genova su 'La Svolta': nuova proroga al 19 settembre per le traduzioni dal calabrese


Serviranno altri 3 mesi,infatti, per tradurre dal dialetto calabrese le centinaia di intercettazioni ambientali e telefoniche di cui il collegio difensivo ha chiesto una rilettura peritale.

E’ stata chiesta una nuova proroga, questa mattina a Genova, nell’ambito del processo relativo all’inchiesta su ‘La Svolta’, che nello scorso dicembre aveva portato ad una raffica di arresti a Vallecrosia e Ventimiglia.


Serviranno altri 3 mesi,infatti, per tradurre dal dialetto calabrese le centinaia di intercettazioni ambientali e telefoniche di cui il collegio difensivo ha chiesto una rilettura peritale. E’ stato quindi prorogato ulteriormente il termine per le trascrizione, al 19 settembre.
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Tifinagh alphabet

Tifinagh    Tifinagh

Origin

The Tifinagh alphabet is thought to have derived from the ancient Berber script. The name Tifinagh possibly means 'the Phoenician letters', or possibly from the phrase tifin negh, which means 'our invention'.
Since September 2003, the Tifinagh alphabet children in Moroccan primary schools have been taught to write Tamazight with the Tifinagh alphabet. It is also used by the Tuareg, particularly the women, for private notes, love letters and in decoration. For public purposes, the Arabic alphabet is normally used.

Notable features

  • Type of writing system: alphabet.
  • Direction of writing: left to right in horizontal lines.

Used to write

Tamazight (Tamaziɣt / ⵜⴰⵎⴰⵣⵉⵖⵜ), a family of Berber languages spoken by between 16 and 30 million people mainly in Morocco and Algeria, and also in Libya, Mali, Niger, Tunisia, Burkina Faso, Egypt and Mauritania.

Neo-Tifinagh alphabet as used in Morocco

Neo-Tifinagh alphabet as used in Morocco

Sample text in Tamazight

Sample text in Tamazight in the Neo-Tifinagh alphabet

Transliteration

Imdanen, akken ma llan ttlalen d ilelliyen msawan di lḥweṛma d yizerfan-ghur sen tamsakwit d lâquel u yessefk ad-tili tegmatt gar asen.

Translation

All human beings are born free and equal in dignity and rights. They are endowed with reason and conscience and should act towards one another in a spirit of brotherhood.

(Article 1 of the Universal Declaration of Human Rights)
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In tribunale le traduzioni dal calabrese

In tribunale le traduzioni dal calabrese

Giuseppe Marcianò ricoverano nel centro clinico penitenziario delle Vallette di Torino

GIULIO GAVINO VENTIMIGLIA

Il dialetto calabrese è protagonista dell’udienza in programma questa mattina nell’ambito del procedimento «La Svolta», indagine in materia di associazione a delinquere di stampo mafioso che lo scorso dicembre aveva portato ad una raffica di arresti a Vallecrosia e Ventimiglia con avvisi di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa per l’ex sindaco della città di confine Gaetano Scullino e l’ex direttore generale del Comune Marco Prestileo. Sono centinaia, infatti, le intercettazioni ambientali e telefoniche delle quali il collegio difensivo ha chiesto una «rilettura» peritale a fronte dell’utilizzo diffuso del dialetto calabrese da parte dei presunti affiliati alla 'ndrangheta. 
Gli esperti, «madrelingua» nominati dal giudice hanno depositato la maggior parte delle intercettazioni nei giorni scorsi. Impossibile conoscere la presenza di eventuali novità (o differenze) interpretative rispetto alle traduzioni fatte dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Imperia che avevano condotto sul campo le indagini coordinati dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Genova Giovanni Arena. 

Il procedimento penale principale sulla ’ndrangheta nel Ponente è arrivato alle battute conclusive e potrebbe approdare prima dell’estate all’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Intanto, il presunto boss del «locale» di Ventimiglia-Vallecrosia, Giuseppe «Peppino» Marcianò, ultrasettantenne, in stato di detenzione, è stato trasferito da Genova e ricoverato nel centro clinico del carcere delle «Vallette» di Torino per motivi di salute.
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Felipe Melo litiga con Tuttosport via twitter per la traduzione di un'intervista in portoghese

Felipe Melo litiga con Tuttosport via twitter per la traduzione di un'intervista in portoghese

Un’intervista rilasciata nella giornata di ieri da Felipe Melo all’emittente televisiva brasiliana Globo TV ha scatenato un piccato botta e risposta tra il giocatore e il quotidiano sportivo Tuttosport, reo a detta del centrocampista di aver tradotto “ad hoc” le sue parole portoghesi. Andiamo però con ordine e ricostruiamo la vicenda, a partire dal virgolettato riportato dal sito della testata piemontese: “Non tornerò più a Torino, Conte e Marotta me lo hanno chiesto ma sono una persona sincera e gli ho detto che non ci penso nemmeno. Mi sento uno da Real Madrid“. Nella tarda serata di ieri Felipe Melo si è scatenato su twitter:

E poi ancora: “Mi era stato chiesto chi preferivo tra Real e Barcellona, ho risposto Real Madrid perché è il mio sogno da piccolo“. E ancora: “Tuttosport traduce come c… vuole, adesso basta!“. Oggi è arrivata la replica del quotidiano che, sempre tramite il sito, ha spiegato che “è stato proprio un nostro collega di madre lingua portoghese a tradurre la lunga chiacchierata con la tv sudamericana“, ma non adducendo motivazioni valide a quella sintesi effettivamente fuorviante. Per completezza, dunque, riportiamo i passaggi dell’intervista motivo della discordia, senza “furbate” di sorta:


“Ho lasciato la Juventus due anni fa e sono andato al Galatasaray vincendo tre titoli in due anni. Ho vinto anche alla Juventus, ma tornare indietro non mi sembra una strada percorribile. Marotta e Conte mi hanno chiesto se volessi tornare a Torino, sono stati molto disponibili, ma siccome sono una persona schietta gli ho risposto che non ci penso nemmeno. Dove mi piacerebbe giocare? Vorrei tornare in Brasile ma non mi dispiacerebbe anche la Premier League. Per quanto riguarda la Liga il Barcellona è una società incredibile, non vorrei giocarci però. Meglio lo stile del Real Madrid, da bambino lo sognavo sempre, così come il Milan, sono squadre che ho visto spesso in Champions League”.


Effettivamente così leggendo si coglie un senso un attimino diverso.
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Monsters University doppiatori: nel cast anche I soliti idioti

Monsters University doppiatori: nel cast anche I soliti idioti

Uscirà il prossimo 21 agosto il divertente e colorato Monsters University, prequel del fortunato Monsters & Coe racconterà dalle origini l’amicizia dei mitici protagonisti Mike e Sullivan.
Nel film d’animazione appare un nuovo personaggio: un simpatico mostro a due teste, Terri e Terry, doppiato nella pellicola italiana da due “Soliti idioti”: Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio che raccontano così questa nuova esperienza: “Noi tutti i giorni, volenti o nolenti siamo un mostro a due teste, siamo molto amici, lavoriamo molto insieme, quindi siamo come un’unica entità bicefala, praticamente. E un mostro ingenuo, due ingenui, perché poi sono due in realtà, fanno parte di una confraternita di nerd, di sempliciotti, perciò non sono spaventosi, sono adorabili, come noi“.
E i due attori di personaggi spaventosi ne sanno qualcosa: “Sicuramente quando i soliti idioti sono arrivati in televisione e al cinema molte reazioni sono state: Oddio, cosa è? Chi sono? Da dove arrivano? Cosa fanno? Perché si permettono di dire certe cose? Non si può. Quindi effettivamente fanno un po’ spavento I Soliti Idioti, ma siamo consapevoli che sono un po’ dei mostriciattoli“.
I protagonisti nel film, invece, non diventeranno mai dei bravi spaventatori, ma il regista Dan Scanlon e la produttrice Kori Rae spiegano che il messaggio del film è proprio questo: “Volevamo che la gente capisse che si può abbandonare un idea che ci sembrava magnifica, per scoprire qualcos’altro, che forse ci può far sentire meglio. C’è sempre qualcosa di meraviglioso da scoprire, e un amico può aiutarti a farlo“.
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Intevista a Gaja Cenciarelli, traduttrice professionista

Intevista a Gaja Cenciarelli, traduttrice professionista


Di Laura Costantini

Guardiamo i film doppiati. Leggiamo i libri tradotti. Eppure nessuno mai dedica un pensiero a quelle misteriose creature che ci consentono di riempirci la bocca affermando di aver letto l’ultimo dei giallisti svedesi o il più cool degli autori giapponesi. Ebbene, i traduttori ESISTONO. E noi ne abbiamo incontrata una. Piccola, pallida, dalla testa in fiamme in tutti i sensi: Gaja Cenciarelli.

- Quando hai deciso di dedicarti alla traduzione e perché?
Leggendo Stephen King e facendo sempre molta attenzione al nome del traduttore Tullio Dobner (che invidiavo visceralmente, perché poteva leggere in anteprima le sue storie), mi sono detta: ecco, voglio fare la traduttrice. Poi ho cambiato idea, ho abbandonato quella strada, mi sono dedicata ad altri lavori, sempre in ambito editoriale, ma sai com’è, no? Talvolta è la tua strada che ti cerca, anche quando tu ti dimentichi di lei. Dannazione. Stessero zitte le strade, a volte, farebbero meno danni. Ero in contatto con un editore, manifestolibri, con cui dovevo pubblicare un saggio sulla scrittrice irlandese cui ho dedicato la mia tesi. Quel libro non è uscito, in compenso ho ricevuto la mia prima proposta di traduzione. Era il lontano 2002. Da allora in poi non ho mai smesso. So’ una donna del Toro, ‘ndo m’attacco mòro (non è proprio vero, per fortuna, ma la rima mi scappa sempre, non riesco a trattenerla mai, questa rima, sarà l’età).

- Che tipo di libri traduci, ti sei specializzata in un genere particolare?
Traduco ogni genere di libro, anche saggi. Ogni genere. Belli e brutti, li traduciamo tutti.

- Esistono traduttori che hanno legato il loro nome a quello di un autore (mi viene in mente Tullio Dobner con Stephen King). Come traduttrice hai un TUO autore?
Ne ho più di uno, ma quello al quale vengo più spesso associata è Brendan O’Carroll, irlandese, famosissimo in patria e molto venduto anche in Italia. Un cazzone spiritosissimo, un comico, un personaggio, un battutista, un attore, un tutto quello che volete, cui hanno chiesto in ginocchio di scrivere un libro. E lui l’ha fatto. Quando ti chiedono qualcosa in ginocchio, voglio dire, che fai? Rifiuti? Quando ti bussano alla porta con i piedi perché hanno le mani occupate dai doni, pure se quelli che bussano sono greci [questa la capiamo in tre], che fai, rifiuti? Poi gliene hanno chiesto un altro, e lui l’ha scritto. Poi un altro ancora, e lui l’ha scritto. Poi un altro ancora, e lui l’ha scritto. Poi un altro ancora, e lui l’ha scritto. Capite bene che sono diventata una traduttrice famosissima [tacete, branco di avvoltoj sarcastici che non siete altro]. Peccato che i traduttori non vengano pagati con le royalty sulle vendite.

- Sei una scrittrice. Sei una traduttrice. Due anime ben distinte, oppure serve una simbiosi per rendere al meglio un linguaggio, uno stile, un’anima altri rispetto a noi?
No, quando traduco sono traduttrice a tutti gli effetti. Ed essere traduttrice significa essere anche riscrittrice. Ma al servizio del testo che si traduce, non della propria ispirazione.

- Ritieni esista e sia individuabile una metodologia della traduzione, oppure ogni traduttore ha il suo modus operandi?
Se ti riferisci al metodo con cui si procede durante la traduzione un libro credo che ciascuno abbia il proprio. Per quanto mi riguarda, è come quando hai una ricetta segreta, come il trucco di un numero di magia, non lo dirò mai.

- Perché in un paese che legge soprattutto narrativa straniera, nessuno mai ricorda chi ha tradotto cosa?
Già. Perché? Perché gli addetti ai lavori non ricordano mai il nome del traduttore nelle recensioni, o alla radio, o alla televisione – mi riferisco ai pochi programmi ancora dedicati ai libri. Che, di conseguenza, si traducono da soli. O meglio, quando la traduzione è sciatta il traduttore esiste, quando lo stile è brillante, e nella recensione si lascia spazio anche a virgolettati, il libro si è autotradotto oppure è stato l’autore, magari di nazionalità azerbaigiana, a scriverselo direttamente nella sua madrelingua *e* in italiano. Del resto si sa, gli scrittori sono tutti poliglotti. Tutti. Tu vai da un azerbaigiano e gli parli in italiano e quello ti recita la Divina Commedia. L’editore va dall’autore, gli fa il contratto e, per contratto, l’autore deve riscrivere il testo [giammai usare il verbo tradurre, giammai!] in, che ne so, una media di altre cinque lingue. E lo so. Sono scoperte che traumatizzano.

- Che rapporto esiste tra gli editori, gli autori e i traduttori, posto che esista?
I rapporti tra editori e traduttori sono di natura professionale.

Avremmo un libro da tradurre, ci fai una prova?
Occhei.
La prova è andata bene, ti mandiamo il contratto, la consegna è per il giorno X.
Con gli editori con cui il rapporto è consolidato, spesso la prova non è necessaria.
Tra autore e traduttore può esistere certamente un rapporto. Ad esempio, tramite la casa editrice il traduttore si può mettere in contatto con l’autore per chiarirsi alcuni punti complicati o ambigui. Certo, se gli chiedi: senti, ma son significa figlio o sole?, puoi correre il rischio di essere sent to do in the ass.

- Come si vive di traduzione letteraria?
Si sopravvive. Pur traducendo molto, senza pause, né fine settimana, né ferie estive, si sopravvive.
Però che sopravvivenza, ragazzi (disse lei, che ancora, malgrado tutto, si sentiva una privilegiata a fare questo mestiere. Some things never change. Poi dici che una si scava la fossa con le sue mani).

- Esiste un albo dei traduttori letterari professionisti? Oppure traduttore ci si improvvisa tra un esame e l’altro all’università?
No, non esiste un albo, ma esiste un sindacato (sempre ‘ste strade di mezzo).
E no, traduttori non ci si improvvisa, come non si dovrebbe improvvisare in nessun altro ambito della vita professionale o creativa, traduttori si diventa. La traduzione è uno dei mestieri in cui, più che in ogni altro settore, l’improvvisazione è ridicola e irripetibile (nel senso che quasi sempre non ti danno una seconda opportunità per dimostrare il contrario. La traduzione è Paganini: non ripete. Per quanto, nel senso di pagamento… ma lasciamo stare).

- L’opera da te tradotta che hai amato di più in assoluto.
Ce ne sono molte, anche se sono una piccola percentuale rispetto a quelle che ho tradotto. Soprattutto negli ultimi tempi sono stata particolarmente fortunata:
«L’ultima volta», Desmond Hogan, Playground (un capolavoro);
«Sick City», Tony O’Neill, Playground;
«Guardami», di Jennifer Egan, una delle più grandi scrittrici contemporanee, pubblicato da Minimum Fax, di cui però non ho curato la traduzione (che è di Martina Testa e Matteo Colombo), bensì la revisione.

- I tempi, i modi e le scelte per le opere da tradurre rincorrono quelli del marketing?
Sì, credo di sì, ma non sempre, e non per tutti gli editori.

- Hai mai rifiutato di tradurre un libro perché lo trovavi di scarsa qualità? Un traduttore professionista con un nome ormai noto agli addetti ai lavori ha un margine di scelta? Avresti tradotto la saga di Twilight o le 50 sfumature?
I traduttori noti, che si possono permettere di scegliere le opere, sono pochi, ma ci sono. Inoltre, spesso, non fanno solo quello. Ossia, non sopravvivono solo di traduzione editoriale. Del resto, anche i meno noti talvolta non fanno solo quello. Insegnano, lavorano in qualche redazione.
Per quanto mi riguarda, io che sopravvivo solo di traduzione editoriale, avrei sicuramente tradotto Twilight o le Cinquanta Sfumature di Polvere sei e Polvere ritornerai [speriamo presto], il lavoro è lavoro, e più ce n’è, meglio è. Noi traduttori paghiamo le bollette come tutti gli altri, noi traduttori non siamo choosy, noi. Anzi, se gli editori volessero pagarci puntualmente, così come puntualmente noi consegniamo le nostre traduzioni. Grazie, eh.

- Definisci, in poche parole, cosa significa tradurre un’opera. Il traduttore è uno strumento, un varco oppure un ri-creatore?
Il traduttore è una figura mitologica, metà umano, metà computer. Non è ancora ben chiaro se la metà elettronica sia quella superiore o quella inferiore. In effetti si scambiano di posto a seconda delle necessità, delle esigenze – come dire – dei bisogni.

- Quanto è difficile, se lo è, per una scrittrice quale sei resistere alla tentazione di ri-scrivere?
Quando traduco, io sono una traduttrice e come tale mi comporto.

- Parlaci del libro che stai traducendo adesso.
Non so se sia il caso di parlare in pubblico dei libri che sto traducendo, ho sempre avuto molti scrupoli a farlo. In un certo senso, forse scioccamente, mi sento vincolata alla riservatezza. Posso solo dire che mi sta coinvolgendo molto.

- Parlaci del tuo prossimo libro, quello che devi solo tradurre dal tuo cuore a quello del lettore.
Grazie, ma questa è un’intervista sulla traduzione. Preferisco dedicare tutto lo spazio che mi concedi a una professione fondamentale e fondamentalmente sconosciuta. Di scrittura si parla ovunque e spesso a sproposito (e comunque non avrei detto niente dei miei futuri libri, soprattutto il nome del futuro editore. Ma nemmeno a mio padre, a mio cugino, alla mia gatta. Errare è umano, ma perseverare sarebbe diabolico ed è da un bel pezzo, ormai, che sulla mia candida fronte non compare più la scritta “Gioconda” ). Anzi, ti ringrazio molto di avermi concesso questo spazio, è un angolo in più, un passo in più per tutti i traduttori.

Grazie

A te, cara Laura.

fonte: http://it.ibtimes.com