INTERVISTA - Professione doppiatore: "La voce è uno strumento da cui ricavare musiche diverse"
INTERVISTA - Professione doppiatore: "La voce è uno
strumento da cui ricavare musiche diverse"
Attori dietro le quinte, voci nell'ombra al di làdel grande
schermo. All'inizio, negli anno '30 la figura del doppiatore era più che altro
una necessità data dall'impossibilità di sottotitolare i film provenienti
dall'estero (anche per l'alto tasso di analfabetismo dell'epoca) oggi, invece,
è diventata una professione ricercata, che richiama a sé moltissime persone spinte,
chissà, da una sorta di irresistibile associazione voce-attore. Un lavoro senza
dubbio affascinante per praticare il quale, però, la voce da sola non basta.
Prima di arrivare dietro un microfono, infatti, è necessario un percorso di
studio tra le varie discipline che compongono questa professione: dizione,
fonetica, recitazione e, in seguito, doppiaggio in sala.
Lui, Roberto Pedicini, 51 anni abruzzese, 33anni di
doppiaggio alle spalle, è una delle voci più affermate del panorama italiano,
uno che la gavetta l'ha percorsa tutta, dall'età di 18 anni, passando dalla
radio al cinema, dalle serie tv ai film di animazione, dalle fiction ai
videogiochi. La sua voce è quella di molti attori celebri, tra i quali Kevin
Spacey, Ralph Fiennes, Rupert Everett, Javier Bardem, Patrick Swayze, Vincent
Cassel, Denzel Washington, Kenneth Branagh, Willem Dafoe, Bruce Willis, Gérard
Depardieu, Kevin Bacon, John Malcovich, Colin Firth, Benicio del Toro e Alec
Baldwin. Ed è proprio insieme a lui che abbiamo cercato di saperne un po' di
più su questo lavoro così particolare:
Come si è avvicinato alla professione di doppiatore?
"Grazie alla passione per la musica: avevo 15 anni o
poco più, mi divertivo a suonare la chitarra e qualche volta ero ospite di una
radio locale di Pescara, la mia città d'origine. Allora, come adesso, la
possibilità di essere ascoltato senza essere visto, di utilizzare la voce per
raggiungere un pubblico vasto mi affascinava. Trovo sia una modalità di
comunicazione che favorisce un rapporto intimo, forte con chi ascolta. In
quello stesso periodo, realizzavo anche qualche pubblicità per una piccola tv e
ho avuto modo di conoscere Ferruccio Amendola, Giuseppe Rinaldi e Cesare
Barbetti. Spesso chiudevo gli occhi, ascoltavo le loro voci e così facendo si materializzavano
di fronte a me miti del cinema internazionale ai quali loro prestavano la voce:
da Paul Newman a Robert Redford, da Al Pacino a Robert Duvall. È allora che mi
sono innamorato di questa professione".
Tra le tante attività legate al suo lavoro, c'è anche
l'insegnamento di questa professione: secondo questo è mestiere si può
imparare?
"La voce può essere senz'altro educata studiando
dizione, fonetica, recitazione, doppiaggio in sala. È come uno strumento
musicale dal quale si può ricavare musica di diverso tipo e qualità. Per
esempio, tra i personaggi che doppio, oltre ad attori famosi, ci sono anche
protagonisti dei fumetti come Gatto Silvestro, Pippo, ma anche persone con
handicap, che hanno difficoltà di pronuncia; è quindi possibile adattare e
trasformare la propria voce in base alle necessità. Certo, il talento innato e
l'essere dotati di una voce eufonica aiutano, ma anche chi ha una voce
apparentemente non bella può interpretare personaggi caratteristici".
Qual è l'attore che preferisce doppiare?
"Mi piacciono molto Havier Bardem e Kevin Spacey".
Da dove nasce la tradizione di doppiare i film?
"Purtroppo dall'ignoranza. Negli anni '30, nelle sale
arrivavano molti film statunitensi e poiché nel nostro Paese c'era un alto
tasso di analfabetismo era impossibile ricorrere ai sottotitoli: fu il solo
modo per favorire la diffusione delle pellicole. Il ricorso al doppiaggio è
stato favorito, inoltre, dal fascismo che spesso modificava ed mitigava alcune
battute contenute nelle opere originali".
Le è mai capitato di essere lei davanti la macchina da presa
e di recitare in prima persona in qualche film?
"Sì, ho lavorato come attore sia in tv, in 'Don
Matteo', sia al cinema, per esempio ne 'L'inchiesta' di Giulio Base. Mi piace,
ma solo occasionalmente".
Quanto, secondo lei, le nuove tecnologie diffuse nel cinema
hanno cambiato la sua professione?
"L'hanno trasformata totalmente. Con il cinema digitale
ci sono i cosiddetti 'loop' di pellicola, che permettono di individuare con
facilità i punti da doppiare e da correggere. La digitalizzazione ha
sicuramente velocizzato il lavoro e migliorato l'audio come nella musica".
E lei, che rapporto ha con la tecnologia?
"Navigo molto in Internet ma non frequento i Social
Network. Mi affascina molto la tecnologia applicata alla musica o al cinema, ad
esempio adoro i film in 3D".
C'è uno scienziato a cui presterebbe volentieri la voce?
"Mi piace essere la voce narrante nei documentari
scientifici e lavoro spesso per Discovery Channel e per il National
Geographic".
Si interessa di ricerca?
"Ciò che mi affascina in particolare è il momento della
scoperta, che può arrivare casualmente, come nel caso di Alexander Fleming con
la penicillina, ma è comunque il punto di arrivo di un'attività rigorosa fatta
di impegno e di passione".
(*) Intervista a cura di Rita Bugliosi per l'Almanacco della
Scienza del Cnr
Reply to this post
Posta un commento