ERIC ALEXANDER - "I segreti del doppiaggio"
ERIC ALEXANDER - "I segreti del doppiaggio"
Intervista all'attore, doppiatore e regista Eric Alexander, parlando dei suoi inizi, di cinema e di doppiaggio
Eric Alexander
Eric Alexander: Ho iniziato a lavorare nel doppiaggio per caso, recitavo con vari attori della scena milanese per l’inaugurazione del teatro Strehler. La maggior parte di loro erano anche soci di una compagnia di doppiaggio, la ADC, Attori e Doppiatori Cinematografici. Avevano necessità di voci giovani, la loro età media era sui cinquant’anni. Mi sono ritrovato tra cartoni animati, manga giapponesi e soap opere. Da appassionato di scrittura filmica ho realizzato prima il corto “Anche il sole tramonta “ e quindi il film “Doppio” coinvolgendo i compagni di lavoro. Quello del doppiaggio è un mondo molto divertente che regala tanto. Ho iniziato con i big del doppiaggio milanese, Natale Ceravolo, Lele Fallica, Laura Rizzoli, Marco Balbi, nella compagnia c’erano ancora Ottavia Piccolo, Gioele Dix, Liliana Feldmann e Franca Nuti. Era un bellissimo microcosmo di attori di teatro e cinema che si ritrovavano in sala di doppiaggio e raccontavano le loro esperienze. Era bello anche solo restare ad ascoltarli in sala d’attesa. Oggi le cose sono cambiate, c’è gente che vuole fare il doppiatore di mestiere.
Cosa rende affascinante questa professione?
Eric Alexander: Il fascino di mettersi in gioco ma non fino in fondo, si sta in sala sotto il cono di luce, soli. Non è un’arte, è una forma di artigianato in cui si deve essere servi dell’attore cercando di seguirne i ritmi e avere molta tecnica. I margini di creatività devono essere contenuti in questi paletti molto rigidi. Il doppiaggio è anche soggetto a mode, come doppiava la Lattanzi era fantastico, trascinava la voce ma oggi non si usa più.
Adesso cosa usa?
Eric Alexander: Si tende a un naturalismo, è una cosa viziata perché legata a una sequenza di toni, in pratica diventa una caricatura dell’essere naturali, è una cosa un po’ buffa.
Quanto è importante la voce nella costruzione di un personaggio al cinema?
Eric Alexander: Rispetto al processo attoriale la voce viene di conseguenza. Deve essere sposata alla faccia dell’attore, in ogni nazione deve corrispondere allo standard locale della faccia del personaggio.
Cosa connota la voce di un doppiatore?
Eric Alexander: L’aver doppiato film indimenticabili.
Per la scelta del doppiatore si tiene conto della voce originale dell’attore?
Eric Alexander: No, solo del viso. Ora non si cerca più la bella voce, ma quella con carattere.
Lei che tipo di voce doppia?
Eric Alexander: I ragazzi dai 14 anni in su.
Cosa succede in sala di doppiaggio?
Eric Alexander: Il doppiatore ha di fronte un testo tradotto e adattato con i labiali. In testa ha una cuffia con la colonna sonora, musiche e rumori che arrivano insieme alla pellicola. Se l’attore ha la bocca spalancata, nel testo c’è una ”a”. Viene diviso in segmenti di quattro o cinque battute chiamati “anelli”. La tradizione deriva dal fascismo che imponeva che tutti i film fossero in Italiano. Venivano fatti degli anelli con le pellicole e proiettati molte volte finché non c’era la sincronia giusta. Ora gli anelli passano tre volte, la prima lo si guarda, la seconda si prova e la terza si incide. Con la crisi di oggi bisogna essere veloci, il doppiatore ha una forza contrattuale superiore a quella dell’attore perché deve avere una conoscenza tecnica del mestiere che richiede studi approfonditi. Spesso è pagato più dell’attore.
Quindi è una scelta professionale intelligente per un giovane?
Eric Alexander: In questo momento c’è crisi anche in questo settore, non c’è più margine per sbagliare.
Qualche ricordo particolare?
Eric Alexander: In “Io non ho la testa”, un film italiano in cui dovevo doppiare il protagonista, tutto il lavoro di produzione venne seguito personalmente da Ermanno Olmi, compreso il doppiaggio.