Attraverso lo schermo e quel che porta al doppiaggio

Attraverso lo schermo e quel che porta al doppiaggio

Vi siete mai chiesti come funzioni davvero il doppiaggio delle vostre serie TV preferite? Sicuramente vi sarete chiesti “perché ‘sti ignoranti hanno tradotto così quella battuta? Era così divertente in originale…” Anch’io.

L’argomento nasce dalla mia esperienza personale: sono a metà di un Master di sottotitolaggio e di adattamento al doppiaggio e in questi pochi mesi ho imparato delle cose che forse vi faranno ridere o vi innervosiranno, ma che mi piacerebbe farvi conoscere. Questo, però, non è un articolo che vuole farvi per forza cambiare idea sulla visione di questo lavoro, bensì vuole invitare tutti voi a riflettere sul perché certe cose sono come sono. E magari, chissà, la prossima volta che vedrete un telefilm in italiano penserete a quello che sto per dirvi.

In tempi non sospetti avevo un’avversione quasi feroce per gli adattamenti delle mie serie preferite e, come voi, se sono qui su ItaSA è per godermele in originale con i sottotitoli; il lavoro che sta dietro quel piccolo file di testo che scarichiamo è grande, preciso e spesso tradotto in maniera egregia. Il doppiaggio, però, mi ha sempre affascinato parecchio e, checché se ne dica, è un’arte per pochi: per traduttori che non traducono solo, ma adattano la cultura di un Paese straniero alla nostra, e che dovrebbero possedere un set mentale ampio e variegato per affrontare prodotti di ogni tipologia. Con questo non dovete pensare che l’adattatore sia dio sceso in terra, il cattivo che reputa lo spettatore un ignorante che non sa cogliere i riferimenti socio-culturali, religiosi, politici americani o le battute di Sheldon Cooper. Semplicemente deve tener conto di un’infinità di varianti e variabili che lo spingono ad operare determinate scelte.


SOTTOTITOLI E ADATTAMENTO: come Winterfell e King’s Landing

Non potrebbero essere più lontani. Spesso si è quasi portati a pensare che l’uno sia la base dell’altro, ma così non è: il sottotitolo ha delle limitazioni dovute allo spazio “rubato” alle immagini, entra in gioco la dualità della parola scritta e di quella ascoltata ma, in generale, il sottotitolo è libero di esprimere gli stessi concetti che contemporaneamente vengono sentiti e visti sullo schermo. Quindi se il personaggio X dice “fuck“, quello dirà il sottotitolo tradotto. La prima cosa a cui un sottotitolatore deve prestare attenzione è agevolare il più possibile lo spettatore: se il personaggio di turno è impegnato in un flusso di coscienza infinito, lo spettatore deve essere comunque in grado di leggere e capire senza impazzire. L’unico modo possibile è adattare la traduzione: capirne il senso profondo e riportarla nei sottotitoli secondo quello che il personaggio intende, ma non necessariamente dice. In tutto questo, però, si deve sempre stare attenti a non esagerare, a non anteporre la propria personalità al prodotto, al personaggio e soprattutto ai concetti espressi.

Se il sottotitolo è una sfida che si affronta con determinazione, l’adattamento è un campo minato e l’adattatore ne è esattamente al centro. Ok, non è così tragica! Ma sappiamo bene che un cattivo adattamento si ricorda per sempre: a volte si potrebbe finire per odiare questa o quell’altra serie perché “dicevano cose sbagliate”. Ci sono adattamenti cattivi e adattamenti buoni e tutti devono passare attraverso ostacoli e limitazioni che spesso fanno davvero male al cuore, ma così è. Gli adattamenti standard, quelli che vedete nelle varie TV nazionali o nelle piattaforme a pagamento, devono fare i conti con la resa del labiale. Croce e delizia, il labiale è qualcosa di estremamente difficile da rendere perché, se da un lato tenta con tutte le forze di incollarsi bene ai movimenti originali della bocca degli attori, dall’altro invece deve costantemente fare i conti con aperture vocaliche e consonantiche completamente diverse dalla traduzione italiana: ecco che se il personaggio Y dice “bats” l’adattatore non potrà mai inserire “pipistrelli” in quello spazio. Ostacolo che si aggira solo cambiando l’ordine delle parole, senza però MAI cambiare il senso della frase. Anche in questo caso, l’adattatore deve diventare invisibile: non può e non deve sostituirsi al personaggio o alla sceneggiatura e manovrare le battute a suo piacere, ma deve fare in modo che tutto sia fluido e comprensibile e che, ipoteticamente, quel telefilm risulti stato pensato in italiano.

Infine vorrei parlare en passant della censura massiccia operata spesso ai danni del telefilm stesso. Su questo gli adattatori non hanno potere né diritto di parola, nella stessa maniera in cui un operaio o un impiegato non ha la libertà di fare quello che gli pare e deve rispettare determinate regole dell’azienda. La censura più grave è l’omissione assoluta di un concetto o la sua manomissione (la battuta di HIMYM su Berlusconi, anyone?), ma ci sono anche censure minori che però risultano assolutamente fuori di testa: in alcuni casi, tutti i riferimenti religiosi vengono eliminati. E per tutti intendo anche gli “Oh my God” e affini. Nonsense, puro nonsense.

Come in tutte le professioni, ci sono pro e contro per ogni cosa, ma posso assicurarvi che, una volta capito come funziona e quanto lavoro c’è dietro una serie TV che esce a sole due settimane dopo la release americana, si iniziano a vedere le cose da un’altra prospettiva. Non necessariamente migliore, ma sicuramente diversa. Come detto all’inizio, spero di aver stimolato la vostra curiosità e il dialogo su questo argomento e vi invito a commentare, condividendo l’idea che avete voi del doppiaggio italiano.


Reply to this post

Posta un commento