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Internet rischia di far estinguere numerose lingue minori. Google prova a salvarle con un “Traduttore universale”

Internet rischia di far estinguere numerose lingue minori. Google prova a salvarle con un “Traduttore universale”



Di Alessandra Principe -

Chi non ha mai compiuto il semplice gesto di andare su Google per cercare la traduzione italiana di una parola straniera e di affidarsi completamente al risultato della ricerca come se questo fosse inequivocabilmente corretto? Attualmente il famoso traduttore offerto da Google non può certo vantare l’estrema precisione delle sue traduzioni, anzi, spesso queste risultano essere fuorvianti se non addirittura completamente errate.

Ciò, dunque, confermerebbe quella tendenza diffusasi negli anni ’90, stando alla quale internet, nel corso del tempo, sarebbe stato il responsabile di un vero e proprio appiattimento delle culture e della loro più importante manifestazione, la lingua. Di fronte ad una simile “accusa” il colosso Google non poteva certo far finta di nulla. Franz Josef Och, infatti, insieme al suo team Google dedicato alla gestione della machine translation, punta ad una svolta nel settore dei traduttori web con la creazione di un “traduttore universale” che abiliti discussioni in qualsiasi lingua e in tempo reale.

A permettere un simile salto di qualità saranno le innumerevoli risorse linguistiche che la rete offre ogni giorno, una quantità infinita di documenti sotto forma di testo, immagine o video, dai quali appositi algoritmi trarranno le informazioni utili per formulare traduzioni precise e corrette. Esistono già delle applicazioni adatte per traduzioni vocali di brevi frasi da ottenere semplicemente parlando nella propria lingua e ascoltando la relativa pronuncia in un altro idioma.

L’obiettivo di Och e dei suoi collaboratori, però, si spinge ben oltre, ovvero abbattere il muro che separa le lingue le une dalle altre e far sì che tutti, in qualsiasi momento, possano sentirsi cittadini del posto in cui vivono e, più in generale, del mondo. Vista da questa prospettiva, la linea di pensiero pessimistica degli anni ’90 perde le fondamenta sulle quali si è retta sino ai giorni nostri. La rete può diventare un vero e proprio “serbatoio”, un luogo capace di conservare la memoria linguistica e non dove, come fin ora si è pensato, le lingue si estinguono, si cancellano, si dimenticano.

Ovviamente la possibilità che queste si modifichino c’è, è tangibile e sono in molti a considerare tutto ciò come un danno, specie per lingue non a diffusione internazionale come il nostro caro, vecchio italiano. Vedremo se, con il traduttore universale, il salvataggio andrà a buon fine.
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Tiziano Scarpa traduttore: importantissimo scegliere la parola giusta, quella su cui si addossa tutto il peso architettonico della frase

Tiziano Scarpa traduttore: importantissimo scegliere la parola giusta, quella su cui si addossa tutto il peso architettonico della frase

Un grande autore italiano, Tiziano Scarpa, traduce un libro importante, doloroso, essenziale, forte del giornalista e scrittore brasiliano Diogo Mainardi.
Subito nasce la curiosità: come avrà lavorato? Quali difficoltà avrà incontrato? Che significato assume la traduzione per uno scrittore?


Scrittori tradotti da scrittori è stata una collana fondamentale dell’Einaudi, che si rifaceva all’esperienza di Vittorini, e che ha dato origine a libri di altissima qualità. Sintetizzando in modo commerciale: due libri al prezzo di uno. Non a caso, credo, la casa editrice torinese è ancora oggi tra le più attente alla qualità e al valore della traduzione. Sono convinta che questo libro non avrebbe il medesimo impatto narrativo se non fosse stato tradotto da un cesellatore della parola come te...

Guarda, ti interrompo subito. Non sono d’accordo. 
Il libro di Diogo è nitido, cristallino, molato nel quarzo trasparente. Ha frasi lapidarie, perentorie. È un libro sofisticato nella semplicità. 
Quando lo lessi in portoghese, lo capii perfettamente: eppure io non domino quella lingua. Credo che Diogo abbia fatto una scelta stilistica che è anche politica: è una mia idea, ma sono convinto che lui volesse fortemente che questa storia la capissero anche i semianalfabeti. Aveva vissuto (sta vivendo) un’esperienza clamorosa, intensissima, che intendeva far conoscere il più possibile. Perciò ha messo in azione tutta la sua sapienza artistica, di scrittore raffinato, umoristico, diretto, colto, umanissimo. Ha scritto frasi brevi, luminose, profonde, divertenti. Ha costruito sequenze limpide e irresistibili, sia quando vuole commuovere, sia quando vuole far ridere. 
Non è un caso che nel libro vengano fuori Hitchcock e Gianni e Pinotto: un regista e dei comici, cioè quel tipo di artisti che sanno dosare i tempi quasi matematicamente, per provocare reazioni pure, spavento, suspense, allegria, risate.

Tu non sei un traduttore di mestiere (se non erro hai tradotto un libro di Bukowski nel 1999 e basta) come non lo erano molti tuoi illustri predecessori. La prima curiosità è legata a questo tema: come hai impostato il tuo lavoro? Come hai affrontato la traduzione di questo testo che non appartiene alla narrativa né alla saggistica, ma è un insieme di considerazioni, esperienze, idee, pensieri dell’autore estremamente autobiografici? In sintesi: come lavora uno scrittore che traduce un altro scrittore? come riesce a misurare la sua voce per darla a un altro? 

Hai ragione, non sono un traduttore e non voglio sostituirmi a chi lo fa di mestiere, sarebbe arrogante. 
Questa è un’eccezione molto particolare, causata da tre motivi. 
Il primo: Diogo è un amico, conoscevo la storia che racconta, ho assistito ad alcuni momenti e tappe. 
Il secondo: sono veneziano e ho scritto su Venezia, che nel libro di Diogo è, di fatto, uno dei personaggi. 
Il terzo: pubblico con Einaudi, ho accettato la loro proposta anche perché sapevo di poter contare sulla supervisione di Diogo, che parla italiano meglio di me. Detto questo, la traduzione di La caduta è stata un’esperienza entusiasmante. Proprio per quello che ti dicevo prima, ogni frase, ogni parola di questo libro sono state soppesate dall’autore al milligrammo. Lo capisci e ne godi profondamente quando attraversi un libro in questo modo, dall’interno. Tra leggere e tradurre corre la stessa differenza che c’è tra ascoltare un brano e eseguirlo con uno strumento. 
Il lavoro l’ho impostato in maniera molto semplice. Traducevo a blocchi, collaudavo la traduzione a voce alta. Non mi sono mai sentito solo, perché Diogo e sua moglie Anna leggevano le pagine che gli mandavo per posta elettronica e mi indicavano premurosamente i luoghi della Caduta in cui ero inciampato e caduto anch’io. Non ho incontrato particolari difficoltà di comprensione, perché il testo originale è chiarissimo, vuole esserlo. La sfida è stata riuscire a scegliere certe parole-perno che avessero la stessa densità, la stessa intensità dell’originale. Siccome Diogo ha scelto la sintesi, la concisione, l’essenzialità, nel suo testo succede spesso di incontrare parole-architrave, che un altro scrittore magari avrebbe diluito in una perifrasi, in una frase intera. Così diventa importantissimo scegliere la parola giusta, quella su cui si addossa tutto il peso architettonico della frase. In questo senso, mi sembrava quasi di tradurre della poesia, più che della prosa (ma attenzione: come sai bene tu che hai letto il libro, non mi riferisco a una prosa lirica, sentimentalistica: ho menzionato la poesia solo per il suo aspetto sintetico).

In questi anni sono stati pubblicati molti libri che narrano il rapporto padre-figlio legato alla disabilità. Ma questo lo fa in un modo nuovo, drammatico e al tempo stesso ironico. Intelligente. Come lo presenteresti a un lettore? 

Come hai appena fatto tu. Il libro sta ricevendo reazioni entusiastiche. Chi lo legge ne rimane travolto, per commozione e allegria purificatrice. 
Lo stesso succede durante le letture sceniche che ne faccio, la gente piange e ride. È un libro che, certo, racconta che cosa succede quando, per un errore medico durante un parto, un figlio nasce con una disabilità che segna la sua vita e quella dei suoi famigliari. Ma racconta anche che cosa succede quando la vita comincia a girare intorno a un perno, si avvolge su un centro di riferimento. Tito ha rivelato Diogo a sé stesso, il figlio ha rivelato al padre chi è il padre. Detto in termini più astratti, un evento ha realizzato in maniera inaspettata, traumatica e amorosa la personalità di chi lo ha generato e se ne è preso cura. 
“Tito era il risultato di tutto ciò che avevo visto e letto. In particolare, era il risultato di tutto ciò che amavo”, è uno dei punti-chiave del libro. Leggendo questo libro esile e poderoso, si sente il brivido di chi si trova di fronte alla verità, alla verità che lo riguarda personalmente, e ci entra dentro. È come se qualcuno scoprisse la porta destinata a lui, soltanto a lui, e la varcasse, invece di restare tutta la vita davanti alla legge che lo riguarda, davanti alla porta aperta senza entrare, come succedeva nel racconto di Kafka.

Ti piace tradurre? Proseguirai? Quanto interferisce con il tuo lavoro di scrittore (cioè, mentre traduci riesci anche a scrivere)? 

Non ho in programma altre traduzioni. A meno di eccezioni molto speciali. Questa esperienza mi ha impegnato per un periodo limitato, il libro di Diogo è breve. E, in generale, sono abituato a seguire contemporaneamente cose diverse. Mi permette di uscire per un po’ da un libro per farmi crescere il desiderio di rientrarci.

A cura di Giulia Mozzato
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L'internazionale dei graffiti: in arabo (ma con traduzione)

L'internazionale dei graffiti: in arabo (ma con traduzione)

Ci mancava solo questa nel panorama dei vandalismi: il graffito in arabo. Nulla a che vedere con la street art egiziana, promossa dai giovani extracomunitari per raccontare la loro «primavera araba».



Si tratta semplicemente di scarabocchi, tali e quali a quelli italiani, altrettanto fastidiosi, insignificanti e volgari. Ma in arabo. Una testimonianza della Milano che sta cambiando e si sta popolando di una nuova generazione di writers/vandali. A denunciare lo scempio di muri e portoni è un residente di via Arqué, una traversa di via Leoncavallo, zona Palmanova. Il suo palazzo, come quelli vicini, ha dovuto fare i conti con la bomboletta spray color oro di un graffitaro improvvisato, probabilmente di origine tunisina, che, in certi casi, giusto per essere più chiaro nel manifestare la sua rabbia, si è perfino lanciato in un testo a fronte, traducendo per chi non sa l'arabo. E il contenuto dei suoi scarabocchi diciamo che non suona come un complimento per l'Italia.

«Ecco cosa imparano gli stranieri dai sostenitori di Pisapia» denuncia il signor Alberto, abitante della zona. Del resto, se un tunisino arriva in città e trova i palazzi pieni di scritte, i tabelloni del tram ricoperti di tag indelebili e i finestrini dei treni oscurati dall'«arte» di strada, che voglia ha di mantenere pulita Milano? Si adegua. Punto. 
I graffiti arabeggianti non sono l'unico problema della periferia. «Nei giardinetti in fondo alla via - denuncia ancora il signor Alberto - dove due o tre anni fa c'erano sempre i soldati e dove i sostenitori di Pisapia appendevano striscioni con la scritta “Non esercito“, ora, dalle 13 in avanti, ci sono trans e viados e sembra di stare nella peggior favelas brasiliana. Uno spettacolo da rabbrividire».

Le iniziative per rendere più pulita la città non mancano. Ma evidentemente non sono sufficienti. I muri vengono ripuliti e l'operazione economica non è. Ma tornano ad essere imbrattati nel giro di poche ore, irrimediabilmente.

Poche settimane fa è stata messa in campo anche un'iniziativa di pulizia contro gli adesivi e volantini attaccati abusivamente ai pali cittadini. Chi viene colto in flagrante rischia una multa da 400 euro. È la sanzione che rischiano 18 fra società e privati le cui pubblicità erano affisse a uno dei 227 pali e semafori in corso Buenos Aires a Milano. I nominativi e i numeri di telefono di chi ha scelto di appiccicare stickers come forma di comunicazione (in stile guerrilla) sono stati raccolti dai vigili del comando di Zona 3, che han o accompagnato i residenti del quartiere, i City Angels e gli attivisti antigraffiti in una giornata di rimozione degli adesivi: armati di spugna e di speciali saponi scollanti, i volontari hanno staccato centinaia di adesivi dai pali. Con loro, anche l'assessore Pierfrancesco Maran. Ora alcuni pali, ripuliti dagli adesivi, saranno ricoperti con una vernice che rende le superfici scivolose e quindi impedisce la presa della colla.
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Planes: Gianfranco Mazzoni parla del doppiaggio nel film

Planes: Gianfranco Mazzoni parla del doppiaggio nel film


Il cronista sportivo Gianfranco Mazzoni parla della sua esperienza di doppiaggio nel film Disney Planes.

Dal mondo delle corse automobilistiche di Cars 2, Brent Mustangburger è ancora una volta il telecronista perfetto per raccontare le sfide più avvincenti: nel film Disney Planes sarà lui a far vivere al pubblico i momenti più salienti della gara: ancora una volta la voce italiana di Mustangburger è del popolare cronista sportivo Gianfranco Mazzoni, che in un'intervista esclusiva racconta la sua esperienza sui "circuiti" Disney.

Brent Mustangburger è un'icona Americana per le trasmissioni sportive. Autoproclamatosi "miglior posto in garage", l'entusiasta Ford Mustang del 1964 è considerata una delle più popolari voci nella storia delle gare in tv e viene associata ad alcuni dei più memorabili momenti dello sport moderno. Al Rally Ali intorno al Globo, Brent racconterà in diretta l'azione tappa dopo tappa, con competenza e ineguagliabile precisione. 

Voci italiane di Planes sono anche: Micaela Ramazzotti, che dà voce ad Azzurra, la star italiana delle gare di volo, il tenore Gianluca Terranova, voce dell'esuberante latin lover El Chupacabra e l'insegnante d'inglese John Peter Sloan, che doppia il saggio Bulldog.


Planes, ispirato al mondo di Cars, vede protagonista Dusty, un piccolo aereo che ha come suo unico sogno quello di partecipare alle gare ad alta quota come aereo da competizione. Dusty non è però progettato per gareggiare, perchè nasce come aereo agricolo e soffre di vertigini. Per questo, chiede aiuto all'aviatore navale Skipper per prepararsi a sfidare Ripslinger, il campione in carica. Il coraggio di Dusty sarà messo a dura prova quando cercherà di raggiungere altezze a cui non aveva mai sognato di arrivare prima d'ora, andando oltre ogni record previsto.

Planes è nei cinema italiani dall'8 Novembre 2013.
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TRANSLATION SLAM - “SFIDA” DI TRADUZIONE DI UN BRANO INEDITO ALLA PRESENZA DELL'AUTORE

TRANSLATION SLAM - “SFIDA” DI TRADUZIONE DI UN BRANO INEDITO ALLA PRESENZA DELL'AUTORE

In occasione di #BOOKCITY MILANO 2013, AITI – Associazione Italiana Traduttori e Interpreti mette in campo i suoi traduttori per un 

TRANSLATION SLAM - “SFIDA” DI TRADUZIONE DI UN BRANO INEDITO ALLA PRESENZA DELL'AUTORE 

domenica 24 novembre alle 14.00 

presso la Sala del Grechetto della Biblioteca Sormani a Milano (via Francesco Sforza 7). 


Con questa iniziativa, AITI si propone di accostare il pubblico al mestiere del traduttore, per promuoverne il ruolo editoriale e culturale e svelare in modo diretto alcune tecniche di resa efficace.


L'autore tradotto è Jamie Ford, presente a #BCM13 grazie all'editore Garzanti, che ne pubblica l'opera in Italia. Ford, cresciuto presso il quartiere cinese di Seattle, discende da uno dei pionieri delle miniere del Nevada – il bisnonno Min Chung, emigrato nel 1865 dalla Cina a San Francisco –, il primo della famiglia ad assumere il nome Ford. Salito alla ribalta nel 2010 con il bestseller Il gusto proibito dello zenzero (trad. di Laura Noulian), Ford ha pubblicato nel 2013 il suo nuovo romanzo Come un fiore ribelle, uscito poche settimane fa nella traduzione di Alba Mantovani, che sarà presente all'incontro.


Le due traduzioni del brano inedito di Ford, eseguite dalle traduttrici Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli, verranno messe a confronto da Marina Beretta, traduttrice e interprete di trattativa, che solleciterà le traduttrici a chiarire le loro scelte lessicali, sintattiche e stilistiche. All'autore e al pubblico, infine, il compito di definire il “vincitore”.