Google tradotto grazie a marito e moglie italiani

Google tradotto grazie a marito e moglie italiani

Marco e Isabelle Trombetti hanno fondato l'azienda Translated che localizza servizi, video e software della Big G
MILANO - Oggi Marco e Isabelle potrebbero incarnare il sogno tech americano e lavorare a Mountain View, nella sede di Google. Hanno invece preferito rimanere in Italia, dove si sono sposati e hanno messo in piedi un'azienda che prevede di chiudere il 2013 con un 8-10 milioni di euro di fatturato. Il colosso californiano non però è uscito dalle loro vite e mercoledì scorso, in occasione della conferenza degli sviluppatori, li ha presentati al mondo come partner dedicato alla traduzione delle applicazioni per il sistema operativo Android. Il loro servizio Translated, realizzato dall'omonima azienda fondata nel 1999, verrà messo a disposizione degli sviluppatori di app all'interno del nuovo ambiente Android Studio, pensato per rendere vita sempre più facile a chi realizza le iconcine colorate. 


Il rapporto con Google, racconta a Corriere.it Marco Trombetti, ceo di Translated, risale al 2006: «Ho incontrato un loro manager a una conferenza e gli ho spiegato come avrebbero potuto moltiplicare il potenziale del prodotto di traduzione che stavano realizzando. Abbiamo portato avanti il discorso e nel 2007 ci hanno comunicato di volerci acquistare». Una proposta difficile da rifiutare: «Superava molte volte il fatturato di allora, che ammontava a due milione e mezzo di euro». Ma Marco e la sua compagna Isabelle, co-fondatrice dell'azienda con cui sarebbe presto convolato a nozze, hanno preferito proseguire a Roma in maniera autonoma. «Le trattative sono durate sei mesi, non ci siamo messi d'accordo. Loro avevano un approccio differente dal nostro», spiega Trombetti. 


La differente visione era relativa al cuore pulsante di Translated che si appoggia a una rete di 72mila traduttori professionisti per lavorare ai testi caricati dai clienti sulla piattaforma. L'algoritmo sviluppato da Trombetti, laureato in fisica con la passione per l'informatica, permette di selezionare il traduttore più rapido e più adatto alla richiesta del committente. Una volta realizzata, la traduzione viene inviata a un revisore e, nel caso in cui venga giudicata positivamente, consegnata al cliente. In caso contrario torna al traduttore che ha un'altra possibilità prima che il lavoro venga passato a qualcun altro. «Al traduttore va più del 50% di quello che viene pagato alla piattaforma per realizzare il lavoro», afferma il ceo 34enne. Siamo intorno ai 15 euro a pagina, ma il prezzo varia in base al valore del professionista e alla difficoltà della richiesta inoltrata. «Per i contesti in cui c'è più concorrenza, come quelli che coinvolgono il turco, riduciamo il nostro margine per assicurarci i traduttori migliori». 


Per velocizzare il processo, Translated parte da tutto quello che è già stato tradotto in rete, lo organizza e lo mette a disposizione dei suoi collaboratori. Google era invece interessata esclusivamente alla realizzazione di un software che si occupasse di tutto, ma si è ben presto resa conto di non poter rinunciare al fattore umano ed è tornata a bussare alla porta di Marco e Isabelle. È nata così una collaborazione per la traduzione degli annunci pubblicitari sulle pagine di BigG; lo scorso marzo l'accordo è stato esteso ai sottotitoli dei video di Youtube. «L'entrata in gioco di Android», afferma con soddisfazione Trombetti, «è per noi molto importante, gli sviluppatori hanno molto contenuto da tradurre». Non si pensi però che sia l'idillio a stelle e strisce a mandare avanti la società romana: Google rappresenta meno del 10% del fatturato e fra i clienti di Translated ci sono nomi del calibro di Amazon, Ibm ed Enel. «Noi prossimi tre anni vogliamo ottenere ricavi fra i 30 e i 50 milioni e portare il contributo di Google al 20%», spiega il ceo. A lungo termine, l'intenzione è quella di trovare il modo per deframmentare un mercato composto da 30mila piccole società e aggregare la domanda. Si vola alto e, viste le premesse, non c'è alcuna ragione per non provarci.

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