Perde il contratto con il tribunale l'interprete che non rinuncia al velo

Perde il contratto con il tribunale
l'interprete che non rinuncia al velo

Il giudice le aveva chiesto di toglierlo in aula perchè così prescrive la legge. Ora l'azienda da cui la donna dipendeva non le ha confermato il posto. Ufficialmente perchè il lavoro è diminuito

di SARAH MARTINENGHI

La più grande paura di Fatima M. era quella di perdere il lavoro, come fonica in tribunale per registrare gli atti dibattimentali in udienza. Per questo, quando a ottobre era finita suo malgrado sui giornali perché, per non venir meno ai suoi principi religiosi, non aveva accettato la richiesta del giudice Giuseppe Casalbore di togliersi il velo in aula, lei non aveva voluto commentare il suo caso, preoccupata anche di poter ricevere qualche ritorsione. «Non parlate di me, il mio contratto sta per scadere e io non voglio avere problemi», aveva subito detto, senza poter tuttavia arginare il clamore che la vicenda ormai aveva destato.

I suoi timori purtroppo si sono avverati: due giorni fa, per telefono, le è stata comunicata la notizia che il contratto precario che le era scaduto il 31 dicembre non le sarà rinnovato. Lei, marocchina in Italia dal 1999 e madre di due bambini di sette e undici anni, si è quindi trovata senza la sua principale fonte di reddito: 600 euro mensili. In tribunale ormai tutti si erano abituati alla sua presenza, apprezzandone la professionalità e il perfetto italiano, e ieri la notizia del suo “licenziamento” ha scatenato polemiche, soprattutto tra i magistrati, oltre a grande stupore.

Il primo a dispiacersi è stato lo stesso Giuseppe Casalbore: «Non ho mai chiesto a nessuno di allontanarla dal lavoro, questo pensiero non mi mai sfiorato e non vorrei che l’invito a togliersi il velo sia stato strumentalizzato. Sono davvero amareggiato».

Fatimalavorava in tribunale da maggio dell’anno scorso (arrotondava facendo anche alcune traduzioni), con un contratto di collaborazione a progetto stipulato con la Isp (Istituto Stenodattilo Professional) di Giulianova, per conto del consorzio di aziende di verbalizzazione Astrea che aveva vinto l’appalto per le registrazioni in diversi tribunali d’Italia. Alla Isp negano che il mancato rinnovo sia conseguenza della precedente vicenda: «Non le abbiamo rinnovato il contratto solo perché c’è stato un calo fisiologico delle udienze e perché siamo in gara per il rinnovo dell’appalto. Non abbiamo preclusioni: abbiamo sempre saputo che portava il velo» ha spiegato l’amministratrice Leonarda Alonzo.

Ma a smentire il calo delle udienze è il presidente del tribunale Luciano Panzani: «Non c’è stata alcuna diminuzione, anzi: i processi collegiali sono aumentati. Inoltre non abbiamo mai ricevuto doglianze sulla professionalità di Fatima, neppure dal giudice Casalbore. Mi è capitato di averla in aula durante una udienza e devo dire che fa molto bene il suo lavoro».

Il mancato rinnovo del contratto di Fatima solleva il problema del precariato in tribunale per una vasta categoria di persone che lavorano “a chiamata” per poche centinaia di euro al mese. «Sarebbe bene che il ministero vigilasse con attenzione sul rispetto delle normative per il lavoro dipendente da parte delle ditte accreditate: dovrebbe essere tra i criteri per la scelta delle società alle gare d’appalto», ha commentato Giuseppe Cascini segretario dell’Anm.

Reply to this post

Posta un commento