Era un grande traduttore il ghost writer di Salgari

Era un grande traduttore il ghost writer di Salgari

Si delinea la figura del vercellese Mario Casalino, autore di due «falsi»

R. M.
VERCELLI
Un romanzo salgariano scritto da Mario Casalino
Un matrimonio quasi quarantenne, le frequentazioni con Eugenio Treves e Giulio Cesare Faccio, la morte a Milano negli Anni Settanta. Cominciano ad avere contorni più netti la figura di Mario Casalino, il giornalista e scrittore che fu un ghost writer di Emilio Salgari.  

Il nome di Mario Casalino, autore di due romanzi pubblicati negli Anni Trenta, è una scoperta recente del giovane studioso veneto Maurizio Sartor, che l’ha condivisa con Felice Pozzo, esperto salgariano che con Casalino ha in comune la città natale: Vercelli. Pozzo ha continuato le ricerche e, pochi giorni dopo la pubblicazione della scoperta su La Stampa, è risalito, anche con l’aiuto del Comune, ad altri dati sull’ultimo ghost writer del padre del Corsaro Nero. C’è anche un disegno, messo a disposizione da Sartor, che lo ritrae con gli occhiali, una massa di capelli ricci e il profilo arguto.  

Mario Casalino, nato a Vercelli il 19 settembre del 1895, sempre a Vercelli si è sposato, nel 1932, con Natalina Delpiano. A Milano, invece, a 76 anni appena compiuti, ha chiuso gli occhi sul mondo. Oggi però riposa al cimitero di Billiemme, in una piccola tomba nel campo di San Wermondo. Evidentemente voleva tornata «a casa», in quella città in cui negli Anni Venti aveva frequentato due tra i maggiori esponenti della cultura locale dell’epoca: Eugenio Treves e Giulio Cesare Faccio. «A Faccio – racconta Felice Pozzo – aveva donato con dedica autografa le proprie opere Approdi, poesie del 1920, e I fiori dell’istinto, racconti del 1923 conservati alla Biblioteca civica». 

Negli Anni 30 Mario Casalino si occupa di giornalismo e narrativa: firma, oltre ai due «falsi» salgariani, I cannibali dell’Oceano Pacifico e I prigionieri delle Pampas, editi da Bemporad, anche Romanzo d’amore, pubblicato da Carabba. «Non c’è dubbio però – prosegue Pozzo – che Casalino trovi la propria strada maestra, immediatamente dopo, nella traduzione di opere straniere, dimostrando di conoscere perfettamente l’inglese». Si sapeva della sua prima traduzione italiana di Emma di Jane Austen, ma nel 1945 l’autore vercellese mette mano anche a Persuasione, l’opera uscita postuma dell’autrice. Ed è sempre una «prima» italiana. Se in questo caso pubblica con piccoli editori, Ultra e Denti, Casalino poi lavorerà come traduttore anche per grandi nomi: Sonzogno, Mondadori, Rizzoli.  

Traduce dall’inglese Marc Twain, James Oliver Curwood, John Galsworthy, Arnold Bennet e George Moore. Anche quell’Elizabeth Gaskell (e siamo nel 1950) che con il suo Il paese delle nobili signore piacque tanto a Dickens. Ma non manca all’appello nel suo lavoro di traduttore anche il francese con Honoré del Balzac e, quasi a collegarsi simbolicamente con Salgari e l’avventura, un romanzo di Jules Verne, Il capitano Hatteras. 

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