La voce nell'ombra. Intervista a Ivo De Palma

La voce nell'ombra. Intervista a Ivo De Palma

Chi lavora nel settore dello spettacolo e della cultura sa che sono settori nei quali la professionalità è fondamentale. L’Italia con le sue politiche per la cultura e lo spettacolo, come anche l’abitudine nostrana della raccomandazione, non aiutano il mantenimento di certi standard lavorativi. È bene accendere i riflettori su chi lavora in questi mercati con passione mettendo in evidenza l’importanza di: preparazione, motivazione e determinazione. Ivo De Palma si racconta.

Cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera di doppiatore?
Ho approfondito la recitazione, a nemmeno vent'anni, per rendere meglio come animatore radiofonico e ho scoperto un mondo che non conoscevo, molto più intrigante. E' stato abbastanza naturale specializzarmi in quello che fino ad allora era stato il mio punto di forza, cioè la voce. Che non va considerato un semplice accessorio, come se fosse un nostro plug-in audio, ma uno strumento importante per l'espressione della nostra personalità, e in grado di regalare emozioni anche usato di per sé.
Attore, doppiatore, direttore di doppiaggio e dialoghista. Quali definizioni daresti a queste tue professioni e cosa rappresenta per lei la voce?
L'attore approfondisce una serie di tecniche, alcune psicologiche, altre mimiche e dinamiche, altre ancora vocali, tese a una qualche forma di rappresentazione, realistica o simbolica che sia, nei vari ambiti di possibile fruizione da parte del pubblico: teatro, cinema, radio e così via. Mediamente, in Italia, ognuno di noi eccelle in uno solo di questi ambiti, ma vi sono casi di professionisti decisamente più completi di altri. Il doppiatore è un attore eminentemente vocale, che rinuncia al gesto e alla propria fisicità per dare personalità in lingua italiana ai volto di altri. La sua creatività sta nell'assecondare le azioni mimico-fisiche di un'altra persona, per dare l'illusione che da quel corpo altrui esca la sua voce. Ricostituisce, nel modo più attendibile, il binomio inscindibile voce-volto, nella nostra lingua. C'è, ma è come se non ci fosse, e il fatto che non si veda non lo rende certo meno necessario. Il direttore di doppiaggio è il regista delle voci, ed è in genere un veterano del mestiere, in grado di indirizzare al meglio i professionisti navigati e guidare passo passo eventuali principianti. Ha la conoscenza complessiva del prodotto in lavorazione, che ha visionato integralmente, sceglie le voci più adatte, o propone al cliente, se quest'ultimo intende avere l'ultima parola, tre o quattro voci tra le più adatte per ogni singolo protagonista. Sta a lui curare che le voci raccontino al meglio la storia da narrare, con particolare riguardo alla resa delle sfumature e dei sottotesti. Sta a lui, in sostanza, ottenere che attraverso ciò che viene detto si intraveda anche, e talvolta soprattutto, ciò che viene sottaciuto. Il dialoghista traduce (o fa tradurre) e adatta in italiano i dialoghi originali. Avendo l'obbligo di rispettare le lunghezze dei labiali, non sempre può accontentarsi della traduzione letterale. Talvolta deve aggiungere qualcosa di propria iniziativa, o viceversa togliere, senza troppo danno per il senso generale. Altre volte, più che "tradurre" deve "trasporre" e quindi magari anche "tradire", perché ci sono casi in cui meno sei fedele all'originale e più sei fedele!
Prima di fare il doppiatore, lavorava in radio private. Come si diversifica questo mezzo di comunicazione di massa rispetto agli altri?
La radio è il regno del suono, quindi della musica e della voce. Infatti è il mezzo attraverso cui si apprezzano molto bene entrambe. E' il tramite attraverso cui la voce può parlare a uno solo, ed essere ascoltata e intesa da migliaia, ognuno dei quali si sente quel solo, privilegiato, destinatario. Non a caso, nel famoso intervento radiofonico di cui molti hanno appreso attraverso il film "Il discorso del re", Giorgio VI dice che, attraverso la radio, intende parlare ai suoi sudditi "uno per uno".La radio è il luogo in cui la voce può animare storie, creare scenari, regalare emozioni a costi relativamente contenuti. Con 4 voci giuste, musiche pertinenti e qualche suono adatto alla bisogna potremmo ambientare complessi intrighi nelle sontuose corti europee dell'800, o avveniristiche trame nei pianeti più lontani. Produrre le stesse storie per il cinema avrebbe costi e tempi di produzione proibitivi, che solo una grande industria potrebbe permettersi.
Tra i tanti personaggi doppiati, a quale è più affezionato e perché?
A parte Pegasus, personaggio che nella mia carriera, così come nel mio cuore, ha un posto speciale, sono molto affezionato a Kanbei Shimada, il capo dei samurai nell'anime Samurai 7. Tunica bianca, lunghi capelli scuri e barba folta, è praticamente un Gesù Cristo con la katana. Personaggio carismatico, ma con caratteristiche da anti-eroe che mi piacciono molto: a tratti malinconico, con qualche sconfitta alle spalle, è un personaggio molto vero, molto umano. Non il fanatico cultore di un codice guerresco, ma un uomo che l'esperienza di vita ha potuto addolcire, e rendere consapevole che tra il bianco e il nero esistono molte sfumature intermedie.
Quale differenza c’è tra la comunicazione e l’informazione?
Al di là di ciò che ognuno di noi può agevolmente trovare in merito su qualunque motore di ricerca, credo di poter dire, in estrema sintesi, che l'informazione non può prescindere da una qualche forma di comunicazione, a partire dalla semplice richiesta di ottenerla. Purtroppo, viceversa, non sempre la comunicazione veicola un'effettiva informazione, o comunque un'informazione attendibile, e quindi utile.
Quali consigli darebbe a quei giovani che vogliono intraprendere la carriera di doppiatori?
Il Maestro Maito Gai, tra i protagonisti dell'anime Naruto, darebbe una ricetta molto semplice. Tre ingredienti che mi sentirei di sottoscrivere, anche perché validi a prescindere: preparazione, motivazione, determinazione. Mi rendo conto che suona tutto molto generico, ma è senz'altro molto più concreto che limitarsi al romantico, ma un po' abusato, "non abbandonate i vostri sogni". Intendiamoci, è concetto fondamentale anche questo, purché ai sogni, però, molto umilmente e concretamente, si diano gambe per camminare, e magari ali per volare.

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