Ai preti americani non piace la nuova traduzione del Messale

Ai preti americani non piace la nuova traduzione del Messale

Ogni due preti statunitensi che preferiscono celebrare la messa con la Nuova traduzione del Messale inglese in vigore dall’autunno 2011, dopo oltre un anno di sperimentazioni, ce ne sono altri tre che affermano il contrario. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto con la supervisione del benedettino  Godfrey Diekmann del Centro Studi patristici e liturgici della Saint John’s School of Theology a Collegeville, Minnesota.

Secondo i dati raccolti online (tra il 21 febbraio e il 6 maggio) da un campione di 1536 preti interpellati e incardinati in 32 diocesi del Paese, il 59% di essi ha dichiarato di non approvare la nuova traduzione. L'80% concorda su una valutazione della traduzione che viene definita “imbarazzante e preoccupante", e il 61% auspica una sua revisione "con urgenza".


La ricerca aveva invitato tutte le 178 diocesi cattoliche degli Stati Uniti a chiedere ai loro sacerdoti di rispondere alle domande on-line in merito alla loro esperienza con le nuove traduzioni.


La Nuova traduzione implica una serie di significative modifiche sia nelle espressioni pronunciate dal celebrante che nelle risposte dell’assemblea. Uno dei cambiamenti più evidenti, come scrive Joshua J. Mc Elwee questa settimana su NCR, è la risposta “E con il tuo spirito”, che per i cattolici di lingue neolatine sembra del tutto naturale, ma per quanti parlano lingue anglosassoni no. Ed è proprio questa, da molti ritenuta eccessiva, aderenza letterale al testo latino del Messale Romano,la causa dello scetticismo dei preti: una lingua che è diventata, di conseguenza, incomprensibile ai più.


Più di un terzo degli intervistati tuttavia si dichiara "fortemente d'accordo" che il nuovo messale rappresenti un miglioramento rispetto al precedente.
La Saint Jonhn’School  ha inoltre pubblicato una serie di risposte al sondaggio da parte di alcune persone autorevoli. Il responsabile della National Federation of Priests’ Councils ha detto che i preti con l’avvento di questa traduzione sono stati messi in una "posizione insostenibile" perché "costretti a scegliere tra la fedeltà al magistero e l’aiuto alla crescita del popolo di Dio".

"Proprio perché questa edizione è vista come progetto “top-down”, calato dall’alto dal magistero, che non ha tenuto conto delle loro opinioni, essi non si farebbero scrupoli di fedeltà”, afferma p. Anthony E. Cutcher, in rappresentanza di circa 26 mila preti statunitensi.


Andrew Wadsworth, alla guida dell’Icel, la commissione internazionale istituita dopo il Concilio nei paesi di lingua inglese per la traduzione del messale, ha osservato però che il numero dei sacerdoti che ha risposto al sondaggio rappresenta solo il 3,7% dei quasi 42 preti americani. "Ciononostante emergono ugualmente alcune indicazioni interessanti, anche se i commenti talvolta appaiono eccessivamente severi”. "La nuova traduzione ha chiaramente una diversa modalità espressiva e l'indagine mostra come ad alcuni preti non sia gradita. Che essi siano rappresentativi di un’opinione più vasta, questo non è possibile accertarlo”.

L’ICEL aveva preparato nuove traduzioni in inglese già nel 1998. Ma, una volta approvate da tutte le conferenze episcopali di lingua inglese del mondo, esse erano state poi modificate dalla Congregazione vaticana per il Culto Divino, che nel frattempo ha emanato una nuova istruzione per le traduzioni, la Liturgiam authenticam, nel 2001, dove si chiariva l’assoluta necessità di una fedeltà estrema al testo latino “senza omissioni o aggiunte per quanto riguarda il contenuto, e senza parafrasi o glossa”.


Il vescovo Robert Brom di San Diego in California, secondo quanto scrive il NCR, ha dato una risposta all’indagine della Saint John’s School affermando di non essere “affatto sorpreso” dai risultati. “Tuttavia, continua, non possiamo buttare via il bambino insieme all’acqua sporca, perché appare chiaro che il nuovo messale ha bisogno di una chirurgia correttiva e questo deve avvenire senza ulteriore indugi, in quanto le opinioni dei preti debbono essere prese in considerazione”.
Già all’assemblea di novembre della Conferenza Episcopale, Brom aveva detto che per i suoi preti il Messale costituiva “più un peso che una benedizione”.


Nel frattempo continuano le prese di posizione e i commenti in Rete. Secondo il popolarissimo PrayTell, il blog del liturgista benedettino Antony Ruff, autore di una lettera ai vescovi in cui annunciava le sue dimissioni dalla Commissione Liturgica quando il Vaticano aveva modificato unilateralmente la traduzione, la Saint John’s School aveva anche inviato le risposte al questionario ad  un certo numero di vescovi e prelati che ricoprono ruoli di autorità nella commissione liturgica nazionale al fine di ottenere qualche commento.


Tra coloro che il blog afferma avrebbero rifiutato di commentare ci sono mons. Rick Hilgartner, direttore della Commissione episcopale per il culto divino, Gregory Aymond, vescovo di New Orleans e attuale presidente della commissione, e il vescovo di Galveston-Houston, il card. Daniel DiNardo. Mentre non avrebbero neanche risposto i cardinali Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale, e l’australiano George Pell, a capo di Vox Clara, (e che fa parte della cerchia di cardinali nominati da papa Francesco a titolo consultivo).

Nel dicembre scorso un sondaggio di opinione effettuato dal Centro per la Ricerca Applicata all'Apostolato (CARA) presso la Georgetown University, su un campione di 1.047 adulti auto-identificati, aveva evidenziato che 7 cattolici su 10 erano d'accordo con l'affermazione: “Nel complesso, credo che la nuova traduzione della Messa sia una cosa buona”.


Ad un anno dall’entrata in vigore del Nuovo Messale il settimanale cattolico inglese Tablet aveva avviato un’indagine con 6 mila interviste a campione, fra Regno Unito, Irlanda e Stati Uniti dal 5 dicembre 2012 al 9 gennaio 2013.
Decisamente più critici degli americani i cattolici inglesi, ma nel complesso attestati al 70%.

Il linguaggio sarebbe “ricercato” e talvolta “incomprensibile”, non vanno proprio giù espressioni come “per molti” al posti di “tutti”, “consustanziale”, “calice” al posto del familiare “cup” e via dicendo.

Niente di nuovo, come dice il vescovo Brom, se è vero che la conferenza episcopale austriaca ha dovuto intervenire per spiegare come si continui a dire “per tutti” fino ad eventuale revisione del Messale tedesco che, come si sa, era stata richiesta da papa Benedetto XVI, ma su cui i suoi connazionali non sembravano così d’accordo.

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