Doppiaggio, Rivoluzione o Tradizione?



Doppiaggio, Rivoluzione o Tradizione?


Che il bel paese sia attaccato alle proprie tradizioni è un dato di fatto, basterebbe leggere i nomi di chi prova a governare (non esattamente dei politici di nuova generazione) per capirlo, ma lasciamo da parte il sarcasmo e non perdiamo di vista l’intento della nostra rubrica, siamo qui per parlare di cinema, della settima arte che fa continuamente discutere e difficilmente mette tutti d’accordo lasciando sempre un pensiero libero ed aperto, così nello spazio di questa settimana affronteremo il tanto controverso doppiaggio.
Doppiaggio-filmDobbiamo tornare indietro nel tempo per capire meglio la situazione del doppiaggio in Italia, esattamente nel 1929, data che sancì la fine dei film muti passando così al sonoro, le pellicole iniziali ebbero non poche difficoltà, specialmente in Italia che essendo sotto il regime fascista non accettava le produzioni d’oltreoceano. Solo alcuni anni dopo, grazie alla legge Marshall, le grandi società di distribuzione investirono nel doppiaggio italiano gettando così le basi per quella che oggi è una delle più grandi tradizioni nostrane.
Dall’epoca sembra cambiato molto poco, le produzioni straniere prima di uscire sul grande schermo percorrono un iter ben definito, si studia se il film possa trovare consenso tra gli spettatori e quindi un ritorno economico, una volta che si è certi di questo le grandi distribuzioni passano i film alle società di doppiaggio che avranno il compito di sostituire le voci originali degli attori con quelle italiane.
Tendenza del tutto diversa in altri paesi che al doppiaggio preferiscono le lingue originali, nel dopoguerra non tutti avevano la disponibilità economica per poter doppiare film stranieri, non fu del tutto una sfortuna per loro, questo processo aiutò le nuove generazioni ad apprendere e convivere con la lingua inglese. Studi recenti ci confermano quanto, paesi come Italia, Spagna e Francia siano indietro con l’apprendimento della lingua anglosassone, proprio i paesi che hanno sempre preferito doppiare le pellicole straniere ostacolando così quello che sarebbe stato un apprendimento della lingua più rapido per le nuove generazioni.
Tutto questo ha creato una spaccatura portando pro e contro, esempio: in Italia non riuscendo a superare questo scoglio mentale si rischia di rimanere tagliati fuori culturalmente, ma il vero problema è che i film doppiati perdono nei dialoghi, lo spettatore rischia di non cogliere la reale bravura o meno dell’attore che spesso fa della propria voce il suo biglietto da visita, per non parlare dei continui giochi di parole comprensibili solo in lingua originale. Proprio per questo la traduzione di un film è stata paragonata all’azione di cambiare i colori di un dipinto. Testimone di questa corrente di pensiero è il noto regista e sceneggiatore David Lynch che in un’intervista ha dichiarato: “Il doppiaggio è la rovina del cinema, modifica completamente la sorte e il gusto di un film”.
Tirano acqua al proprio mulino invece i doppiatori italiani, il dialoghista Giorgio Tausani in merito ci dice: Capisco la gelosia di un autore per la propria opera, ma nel momento stesso in cui egli la offre al pubblico l’opera diventa autonoma, vive di vita propria, si svincola dal proprio creatore e noi, fruitori, ce ne impossessiamo reinterpretandola”. E ancora a chi dice che basterebbero dei sottotitoli ribatte: “Io obbietto! Ecco un buon modo per perdere il gusto del film, passando continuamente dall’immagine al testo, da testo all’immagine, da un segno ad un altro di natura completamente diversa; senza considerare la necessità del tempo di lettura che impone una sintesi micidiale per il colore e la forza espressiva delle parole”.
Con il tempo la scuola italiana di doppiaggio si è andata pian piano perfezionando facendo si che diventasse una delle migliori nella scena internazionale, ne è testimone il bravo attore Francesco Pannofino noto anche per aver dato voce a molte star di Hollywood come George Clooney, Denzel Washintgon, Dan Aycroyd e molti altri e quando gli viene chiesto qual è il segreto per fare un buon doppiaggio risponde: “Restare fedeli al film originale e cercare di trasmettere le stesse emozioni in un’altra lingua senza tradire l’interpretazione originale. Il doppiatore in questo è aiutato dal direttore del doppiaggio che, conoscendo il film, lo tiene nella carreggiata giusta”.
Risulta evidente la spaccatura tra chi scrive il film che cerca di custodirlo gelosamente nella sua forma originale e chi invece crede nell’arte del doppiaggio avendo dalla loro una grande fetta di spettatori che preferiscono godersi le pellicole nella lingua a loro familiare.
Credo che questi due mondi paralleli possano convivere, i cinema italiani potrebbero dare spazio anche ai film in lingua originale, sarà lo spettatore a scegliere quello che preferisce, è un dato di fatto che i veri amanti del cinema stiano diventando più esigenti e a testimoniare questo cambio di rotta è il caso del film Django Unchained che nel cinema Barberini di Roma ha incassato più per la versione originale.
Rivoluzionare questa gigantesca macchina ben oliata sembra impossibile, ma in un periodo storico in cui le lingue si parlano più di ieri, sogno, da vero amante del cinema la possibilità di ammirare i film nella loro totale purezza e avere la sensazione di essere sfiorato dal tiepido vento di Hollywood.

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